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Una grande passione

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Vivere pericolosamente

Ho sempre ammirato chi sceglie di vivere "intensamente" e (le due cose sono spesso correlate) pericolosamente   So che e' difficile capire chi mette a rischio la propria vita per semplice "sport", ma in fondo la mettiamo in gioco ogni giorno semplicemente guidando un'auto e senza nemmeno avere "emozioni" in cambio.   Tra tutti quelli che hanno scelto l'adrenalina come costante compagna di vita, Dan Osman mi sembra uno dei piu' pazzi degli anni '90. Arrampicate senza corda, speed-climbing e salti di tutti i tipi legato ad una corda da arrampicata erano le sue specialita' ... nel '98 qualcosa ando' storto nell'ultimo salto ... (il penultimo era stato una interminabile caduta di oltre 300 m).   Questo filmato rende l'idea (vale la pena guardarlo tutto!) http://it.youtube.com/watch?v=viy9pWTGNys&...feature=related   Chissa' se amava anche assaggiare peperoncini super-hot

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Vajont

Ogni volta che scendo dalla Val Zoldana o da Belluno salgo verso il Cadore, passo da Longarone e lo sguardo corre inevitabilmente alla celebre e tragica diga che chiude una profonda gola sul lato sinistro (idrografico) della valle.   Ogni volta mi riprometto di fare una deviazione e visitare quei luoghi piu' da vicino ... domenica scorsa, al ritorno dall'escursione sul Civetta, c'era tutto il tempo e ho colto l'occasione.   Confesso che mi immaginavo una visita solitaria e silenziosa, quasi un pellegrinaggio, ma mi sbagliavo ... I luoghi sono meta costante di frotte di turisti, con tanto di parcheggi a pagamento e l'immancabile camioncino che vende panini e bibite! ... ma ne valeva comunque la pena.   Non sto a riassumere tutta la storia; si trova ampia documentazione online e per chi ha voglia di riviverla emozionandosi raccomando il fantastico "racconto" di Paolini; si trova in giro la videocassetta, 3 ore di monologo senza respiro (!) http://www.jolefilm.it/files/index.cfm?id_rst=19   Un solo dato e' sufficiente a rendere l'idea di quel che e' successo lassu' nell'ormai lontano 9 ottobre 1963. Dal monte Toc (=marcio in dialetto friulano!) si e' staccata un po' di terra ed e' precipitata nell'invaso artificiale della diga ... 270 milioni di metri cubi! Non fa molta impressione, detto così ... ma e' un cubo di 650 metri di lato   Quel che resta e' una diga (ancora perfettamente integra) con dentro, al posto dell'acqua, una montagna di terra e sassi, ormai coperta di vegetazione e alberi d'alto fusto ... ... e un monte senza un fianco ... ... e 2000 morti che nessuno puo' dimenticare, perche' ogni giorno, ogni momento la diga e lo squarcio sul Toc sono la' a riportarli alla memoria.   Qualche immagine ...   La parte superiore della diga vista dal lato a valle; un capolavoro di ingegneria, peccato ... nel posto sbagliato!       Alcuni dati tecnici     Viste dell'interno dell' "invaso"; il mucchio di terra e' piu' alto della diga e si estende lungo la valle per quasi 2 km         La vegetazione in molti punti conta gia' piante d'alto fusto, ma pian piano sta colonizzando anche gli ultimi residui di nuda terra     Il lato interno della diga visto da "sotto" ...     ... e di fronte     Lo squarcio sul Toc; e' lungo circa 2 km     Il laghetto residuo, km a monte della diga, proprio sotto il paese di Erto.     Il paese di Casso, 100 m piu' in alto della diga ... ma acqua e fango hanno superato in un attimo la barriera rocciosa!       Caspita, che toni drammatici ho usato E' il caso di chiudere con qualcosa di piu' leggero   Sulla parete rocciosa sotto il paese di Casso c'e' una bella palestra di roccia; peccato sia a pochi metri dalla strada, dove in corrispondenza della diga c'e' un senso unico alternato regolato da un semaforo e ci sono quindi sempre lunghe code di auto ma i "climber" sono adattabili e sopportano bene rumore e puzza ... ben altra cosa degli alpinisti       Infine una nota sempre divertente, anche se ormai scontata parlando dei due piccoli paesi della valle; insieme costituiscono un unico comune che viene sempre rigorosamente denominato "Erto Casso" e mai viceversa ... chissa' perche' (ricordate che in dialetto veneto e friulano la "zeta" non esiste ed e' sostituita dalla "s" sorda, come in "sasso" )  

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Torre Delago

La mia attività alpinistica in Dolomiti è stata molto limitata, preferivo salite su neve e ghiaccio. Una delle vie di roccia che più mi ha colpito è stata la salita dello spigolo della Torre Delago nelle Torri del Vajolet (gruppo del Catinaccio) effettuata con 3 amici intorno al 1980. E' una via molto facile e anche breve, ma l'esposizione è impressionante; in un punto si abbraccia letteralmente l'intera torre.   Non ho foto di quella salita, ma mi è capitato di vedere questo bel video dove si vede benissimo quanto aerea sia la salita; lo condivido con piacere     Nota curiosa. La via è spesso affollata, ma noi eravamo partiti prestissimo per essere i primi e non avere problemi con code, rallentamenti, sassi dall'alto (peraltro rari, la roccia è solidissima) ecc. Ci era sfuggito un dettaglio; i primi a salire sono anche i primi a scendere ... a corde doppie lungo il canalone tra le due torri ... e lì di sassi ne cadono, se chi sta sopra non presta attenzione!   Il protagonista del video ovviamente non ha avuto questo problema ...    

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Tepa Sport

Chi ha piu' di 40 anni ricordera' senz'altro le mitiche "scarpe da ginnastica" blu con la "V" bianca ...   La Tepa Sport era nata negli anni '50 ed era diventata famosa anche per le scarpe da calcio utilizzate da molti campioni negli anni 60-70; era poi sparita di scena nei primi anni 80, probabilmente messa fuori mercato dall'arrivo di marchi ben piu' potenti ... Con una semplice ricerca online si puo' verificare quanta nostalgia ci sia ancora per quelle scarpe (e quel periodo) ...   E' recente la notizia di un tentativo di far rivivere il marchio. Un tentativo simile si era gia' verificato nel 2001, ma era poi finito nel nulla ... In quell'anno la rinata Tepa Sport aveva indetto una specie di "concorso" online per assegnare mensilmente un paio di scarpe a chi avesse inviato le piu' belle foto d'epoca in qualsiasi modo collegate alle mitiche scarpe.   Ecco le foto ed il breve testo accompagnatorio che avevo inviato nell'agosto 2001; mi avevano fruttato un bel paio di scarpe Tepa "originali" nuove di zecca . Le foto sono state scannerizzate dagli originali su carta, la qualita' e' quel che e'; naturalmente sono state scelte piu' per la visibilita' delle scarpe che per motivi estetici ...           Come si vede, alla fine c'e' un legame con l'argomento del blog. Un po' di nostalgia e' inevitabile guardando queste foto di quasi 30 anni fa ... (sigh )

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Stella Alpina

La via ferrata Stella Alpina raggiunge la vetta dell'Agner (2871m) ed e' una delle grandi classiche delle Dolomiti; non particolarmente difficile, ma lunga, in ambiente severo e con un rientro complicato.   Dal piacevole paese di Frassene' una seggiovia consente di raggiungere facilmente il Rif.Scarpa; gia' l'Agner domina il paesaggio.     Avvicinandosi al rifugio, l'ambiente si rivela maestoso e solare     Ho salito la prima parte della ferrata cosi' concentrato da dimenticarmi completamente di scattare foto ... Qui siamo gia' al termine delle difficolta', al bivacco Biasin; Giancarlo Biasin, leggendario e fortissimo arrampicatore dei primi anni 60 (morto nel 64 sul Sass Maor) e' nato e vissuto a 5 km da casa mia ... In fondo si vede l'abitato di Frassene'     La vetta e' ormai a portata di mano     La vista dalla vetta e' spettacolare.   Il Civetta     Questa foto riunisce idealmente tre altre mie salite, la Palazza Alta (sulle rocce in basso a sinistra), La Costantini (in alto a destra) e la ferrata degli Alleghesi (sulla cima principale, al centro).     La Pale di S.Lucano       Questa volta non ero solo sulla ferrata e in vetta ... anche i camosci hanno i loro misteriosi sentieri e non disdegnano di visitare la cima.     La discesa e' molto complessa, un sentiero che percorre un ripidissimo canale (al centro, tra luce e ombra) e che richiede un'attenzione continua per un paio d'ore (nell'estate 2008 si e' verificato un incidente mortale in questo tratto). E' possibile una discesa alternativa piu' facile, ma molto piu' lunga.     Si costeggia la parete salita al mattino     Un altro incontro (posto affollato!); questa femmina (munita di radiocollare) e' chiaramente incinta; si e' lasciata fotografare tranquillamente per poi allontanarsi piano piano ... forse consapevole che la piccola paretina di un paio di m che ci separava era insuperabile in tempi rapidi per un misero scalatore umano     Qui si vede meglio, ma ... il soggetto si e' mosso all'ultimo instante       Verso il rifugio, al termine di un'altra splendida giornata ...  

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Solda 2008 - intermezzo semiserio

Da buon "lupo solitario" credo di avere un certo feeling con gli animali in genere ...   Sui prati intorno a Solda mucche e pecore certo non mancano ...       ... ma la vera attrazione sono gli yak Si, avete letto bene: yak ... quella specie di mucche pelose che vivono sui monti di Tibet e Pamir.   Reinhold Messner ne ha portato a Solda alcuni esemplari da una delle sue innumerevoli spedizioni hymalaiane. Qui, sui prati in altura intorno ai 2500-2800 m, i simpatici animali si sono ambientati bene e si sono riprodotti; ora se ne trovano un discreto numero (non so esattamente quanti), con tre diverse colorazioni del mantello, bianco, scuro e pezzato. In inverno sono ricoverati nelle stalle giu' a Solda e ad ogni inizio estate (maggio) Messner in persona li riporta in altura; un appuntamento a cui sono sempre presenti un gran numero di fans (non e' chiaro se di Messner o degli yak )   Questi esemplari si sono lasciati avvicinare e fotografare tranquillamente ...           Poi ne ho trovato uno, a prima vista piuttosto vecchio, intento a illustrare perche' il suo nome scientifico e' Bos grunniens ... questa e' una delle rare occasioni in cui il mio feeling con gli animali non ha funzionato granche'   www.eureka-sas.it/forum/video/yak.avi   Meno male che era "piuttosto vecchio" e non correva tanto veloce! (more to follow)

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Solda 2008

Non e' facile raccontare Solda e le mie brevi vacanze con poche parole e immagini ...     Il paese   Prima di tutto, a Solda non si arriva per caso; gli abitanti del posto e i frequentatori abituali (tra cui un certo R.Messner ) amano definirla "la fine del mondo". L'incantevole paese e' situato al termine di una valle laterale rispetto alla strada che porta al passo dello Stelvio (versante altoatesino); a 1900 m di quota la valle si apre in una ampia conca dove un numero limitato di case e hotels si armonizzano perfettamente con il verde dei prati e boschi. Tutt'intorno una corona incredibile di vette che sfiorano i 4000: Ortles, Zebru, Gran Zebru a ovest; Cevedale (e Vioz) a sud; Vertana, Angelo grande, Croda di Cengles a est. Una sola strada per entrare e uscire, niente traffico "di passaggio", solo silenzio e pace ...   Una vista del "centro" (a sinistra uno dei tre impianti di risalita, unico neo che disturba un po' l'armonia della conca)     La conca vista dall'alto (dalla ferrata Tabaretta)     La corona di monti a ovest e sud (dalla cima della Croda di Cengles)     L'hotel Zebru'; l'abbiamo scelto (gia' tanti anni fa) perche', oltre alla qualita' dei servizi, e' al termine di una stradina laterale nella conca, piu' in alto di tutti gli altri ... alla fine della fine del mondo     Non capita tutti i giorni una vista simile direttamente dalla camera!     Il mio sguardo corre sempre a cercare "lei", la mitica parete nord del Gran Zebru' ... si rivela a poco a poco entrando nella valle e solo salendo in quota sul versante est e' possibile ammirarla tutta. Non e' facile trovare nelle Alpi un'altra vetta di pari bellezza e fascino; oserei dire che solo il Cervino le e' superiore ... Come ho raccontato in un precedente capitolo, l'ho salita nel 1984, proprio sotto la verticale della vetta; un altro periodo della mia vita e un'esperienza che ora non sarei in grado di ripetere       I rifugi   Tutto intorno alla conca splendidi boschi si spingono fino ad una quota di circa 2500 m, dove cedono spazio ad ampie praterie e ad un ambiente tipicamente alpino. Qui si trovano vari rifugi, alcuni molto antichi   Rif. del Coston (Hintergrathutte), ai piedi dell'Hintergrat, la cresta est dell'Ortles.     rif. Serristori (Dusseldorferhutte), sul versante est della valle       La natura   E' possibile camminare per ore in meravigliosi boschi di larici, abeti rossi e pini cembri     Ovunque fiori ...       ... e funghi       @Alb: se non erro la prima foto ritrae un'Amanita muscaria, la seconda (forse) una delle Amanite potenzialmente mortali (Phalloides?) ... ma i miei ricordi di micofilo sono molto sbiaditi.   Anche orti e giardini sono ben curati; c'e' chi riesce a coltivare ortaggi nonostante l'alta quota (chissa se riuscirebbe con i peppers?!)       La gastronomia   Perfetta la cucina dell'hotel che ogni sera ci ha regalato delizie e restituito le forze (immancabile, naturalmente, una piccola correzione piccante, sotto lo sguardo incuriosito e divertito delle cameriere)   Ho assaggiato lo strudel di tutti i rifugi La palma del migliore spetta sempre a quello del rif. Serristori ... sublime :P Nella foto, spuntino alla Malga dei Vitelli       La ferrata Tabaretta   Salire questa nuova e difficile ferrata era il mio obiettivo principale. La via e' stata costruita solo un paio di anni fa e, a detta delle guide alpine di Solda, e' la piu' difficile in Europa; supera la fascia rocciosa alta 500 m che separa il rif. Tabaretta (nel triangolo verde a destra nella foto, purtroppo il blog taglia un pezzettino delle immagini 800x600) dal rif. Payer, appena sotto il versante nord dell'Ortles.     Devo confessare che mentre salivo verso l'attacco ero piuttosto nervoso e indeciso, anche perche' negli ultimi mesi non ho fatto "i compiti a casa" e, mentre fiato e gambe sono a posto, ho trascurato quasi completamente l'allenamento per la forza nelle braccia. Appena ho messo mano sul cavo d'acciaio pero' ogni timore e' sparito e ho ritrovato concentrazione e determinazione. A salita completata non posso che confermare il giudizio delle guide; questa ferrata e' veramente piccante! Ci sono numerosi passaggi impegnativi che conducono in un crescendo fino al passaggio chiave a meta' via, una diagonale verso destra su parete leggermente strapiombante, scarsissimi appoggi per i piedi e solo la corda d'acciaio come aiuto (in tutta la ferrata oltre al cavo non c'e' alcun appoggio artificiale, staffa o gradino).       La parte superiore e' piu' abbordabile, con un solo passaggio piuttosto difficile, ma la fatica si fa sentire e la quota certo non aiuta; la ferrata si chiude a oltre 3000 m, a pochi passi dal Rif. Payer.     La parete nord dell'Ortles   No, quella non l'ho salita! In questo periodo c'e' pochissima neve e la via e' molto pericolosa ...     Ai piedi della parete su un masso sono infisse molte lapidi a ricordo di (una parte di) quanti sono caduti su questa temibile via ... un momento di riflessione e' d'obbligo ...       La ferrata alla Croda di Cengles   Archiviata la Tabaretta, dopo un meritato giorno di riposo (= passeggiata rigorosamente al ritmo di Stefania), ho salito anche questa via. Il percorso e' piuttosto facile, ma abbastanza lungo ed esposto.       La vista dalla vetta della Croda di Cengles (3375 m) e' incredibile e merita lo sforzo per raggiungerla! Lo sguardo spazia a 360 gradi ...   La Val Venosta (in fondo si vede il laghetto di Resia, famoso per il campanile che spunta dall'acqua)     Cime Vertana e Angelo grande     Le vette minori a nord dell'Ortles, verso il passo dello Stelvio.     Anche la foto di Ortles, Gran Zebru' e Cevedale all'inizio del testo e' scattata da questa vetta.     Spazio per le foto e tempo per scrivere sono ormai esauriti, ma ho ancora qualcosa da raccontare ... alla prossima puntata (con una simpatica sorpresa finale).

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Senza confini

Nell'estate 2007 mi sono avventurato un po' piu' a est del solito, oltre le Dolomiti.   La Carnia mi e' piaciuta molto; quote relativamente modeste, ma pareti che non hanno nulla da invidiare alle piu' celebri vette dolomitiche. La roccia dei monti che ho visitato e' un calcare bianco molto compatto su cui arrampicare e' un vero piacere. Le ferrate della zona sono interessanti, ben progettate e realizzate. La mia preferita e' stata la via "Senza confini" alla Creta di Collinetta, appena ad ovest del passo di Monte Croce Carnico che separa Italia e Austria (si lascia l'auto proprio di fronte al ristorante-pensione "da Ottone" , niente a che vedere con la nostra Daniela).   Il sentiero di avvicinamento alla ferrata percorre (tra l'altro) la suggestiva galleria dello Schulter. La galleria, lunga 183 m con un dislivello di 110 m, e' interamente scavata nella roccia; e' stata realizzata nel 1916 per collegare le postazioni del monte Cellon. Su questi monti sono ancora ben presenti le tracce dei combattimenti della prima guerra mondiale; nella zona e' anche possibile visitare vari musei sulla grande guerra, cimiteri di guerra e altre vestigia storiche (da entrambi i lati del confine).     La ferrata corre proprio sul filo del confine; percorrendola si passa continuamente dall'Italia all'Austria e viceversa; il nome e' proprio perfetto!   Ecco come al solito qualche foto ...            

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Sengia de Mezzodì

Solo un'aggiunta al post precedente; mi e' capitata tra le mani una foto della Sengia de Mezzodì, fotografata un anno dopo dal rifugio Revolto ...     La via inizia dove indicato dalla freccia e sale piu' o meno in verticale. In quel punto la parete e' alta circa 100 m. L'uscita e' proprio al confine tra luce e ombra in alto; il tetto proprio alla fine della via originale, 4-5 metri cubi di roccia, e' gia' caduto

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Pronto per un'altra estate di avventure!

La passione per i peppers e il grande impegno che comporta non mi fanno dimenticare l'altra mia grande passione ...   La neve e' ormai sciolta sulle cime ed e' tempo di progettare nuove interessanti avventure. Lo stato di forma e' buono; anche se ho un po' rallentato l'allenamento (niente palestra quest'inverno/primavera) ho anche perso un po' di peso (da 68 a 65 ) e l'effetto si sente! L'allenamento con i pesi e' stato egregiamente sostituito dallo spostare vasi avanti e indietro durante l'hardening off   Nelle ultime due domeniche ho effettuato interessanti escursioni sul Carega, la montagna di casa. Divertente soprattutto l'escursione di domenica scorsa, da Campofontana fino a cima Lobbia e poi per la lunghissima cresta che separa la Val d'Illasi dalla Valle del Chiampo fino alla cima del Gramolon (inclusa la breve, ma intensa ferrata nella parte finale del percorso). Sono partito da casa molto tardi, praticamente ho iniziato l'escursione alle 17 ... e il percorso non era proprio brevissimo. Sono tornato all'auto giusto in tempo, quando le ultime luci si spegnevano e la luna era gia' bella alta nel cielo.   Chissa' cosa avranno pensato i pochi abitanti della contrada dove avevo lasciato l'auto (quasi tutti nei cortili a godersi il fresco) vedendo questo pazzo scatenato scendere di corsa dai monti dopo le 21, in tenuta da spiaggia e ... con gli occhiali da sole (avevo portato solo quelli e non li posso togliere perche' sono anche da vista e senza dovrei procedere piegato in due per vedere dove metto i piedi )   Appuntamento a presto per qualche nuovo report!

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Per arrampicare bene bisogna ... saper nuotare!

"Deep water soloing" e' una delle tante variazioni sul tema dell'arrampicata ... Se la parete e' oltre la verticale e sotto c'e' acqua, la corda non serve ... a patto (appunto) di saper nuotare   Qui il solito Chris Sharma alle prese con una struttura rocciosa molto particolare ... certo non c'e' rischio di urtare la roccia cadendo!   http://www.youtube.com/watch?v=XoxtqBL5q3k...feature=related   Gustatevi il filmato (in particolare il lancio al minuto 7:20), in attesa che trovi il tempo e l'ispirazione per scrivere qualcosa di mio

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Pellegrinaggio

Per ognuno di noi esiste un luogo preferito, dove si ritorna sempre volentieri e ci si sente "a casa". Per me questo luogo e' (non potrebbe essere altrimenti) un monte: il Vioz .   Il Vioz si eleva a sud del gruppo dell'Ortles-Cevedale, proprio in fondo alla Val di Pejo (diramazione secondaria della Val di Sole) e sopra l'abitato di Pejo paese (poco piu' giu' c'e' Pejo fonti, noto per le acque minerali e le fonti idrotermali). La caratteristica di questa montagna e' che nonostante la quota considerevole (3645 m), il sentiero per arrivare in vetta e' completamente esposto a sud ed in estate e' quasi sempre libero da neve. Un grazioso rifugio poco sotto la vetta (Rif. Mantova, 3550 m, da poco completamente ricostruito) rende possibile dividere salita e discesa in due giorni diversi (per chi lo desidera o ... non ce la fa a tornare subito!)   Il sentiero e' facile (senza difficolta' alpinistiche e tratti pericolosi), ma non per questo comodo ... In luglio-agosto si puo' approfittare di una cabinovia+seggiovia per raggiungere i 2300 m del Doss dei Cembri e da li partire per superare il "muro" che in 5,5 km sale di 1345 m (i piu' curiosi possono calcolare la pendenza media ... da panico! ) In altri periodi dell'anno (i miei preferiti ) si deve partire dal paese vecchio di Pejo, 1500 m slm, e il dislivello passa a 2100 m !!   La mia prima volta sul Vioz risale all'estate 1973, durante un campo scout in Trentino; giusto per inquadrare il periodo e il contesto ecco una mia foto durante la salita ... altri tempi (e senza barba!) (l'ho ritagliata dalla foto di gruppo, non vorrei violare la privacy degli altri presenti nella foto)     Alla sera le nubi coprivano la vetta e non c'era molto da vedere. Al mattino dopo, trascorsa la notte al rifugio, alle 5:30 eravamo gia' in vetta e ...     Ancora oggi mi emoziono a guardare questa foto; mi ricorda lo stupore di quel mattino nel vedere quelle fantastiche montagne innevate a portata di mano ... e il desiderio di proseguire oltre ed entrare in quel mondo misterioso e affascinante. Uno di quei momenti che ti cambiano la vita e ti legano per sempre ad una passione ...   Due anni dopo, agosto 1975; con alcuni amici progettammo un folle giro a piedi su e giu' per i monti del Trentino; tra questi il Vioz, con avvicinamento da Male' lungo tutta la Val di Sole e Pejo ... 40 km ... a piedi!! Ora in Val di Sole c'e' una superstrada () e il traffico e' ben piu' intenso, ma allora il vecchio percorso entrava in ogni paesino della valle, con l'immancabile fontana d'acqua freschissima nella piazza centrale e nell'aria fragranza del pane appena sfornato ... In questa foto siamo in alta Val di Pejo e il Vioz e' proprio lì, sullo sfondo ... la nostra meta per il giorno successivo.     Alla terza visita, nel 1977, ho anche realizzato il sogno di proseguire oltre il Vioz toccando in sequenza le cime del Cevedale, Gran Zebru', Ortles e uscendo dall'altra parte, a Solda (ne ho parlato in "Hintergrat").   In seguito sono ritornato molte volte sul Vioz, con molti compagni diversi (quasi mai due volte gli stessi, chissa' perche' ). Molti pagano a caro prezzo le insidie di questo percorso; l'azione combinata di sforzo e quota provocano molto facilmente i sintomi tipici del mal di montagna, in grado di stendere anche baldi giovani che qua in pianura viaggiano a velocita' doppia rispetto alla mia Anche Stefania ha provato l'emozione ... si e' molto divertita, ma le sue ultime parole sull'argomento sono state: "mai piu' !" In queste due foto la mia accompagnatrice preferita, mia figlia Chiara (all'eta' di 9 anni) ...       La maggior parte delle salite e' comunque "solo", un'avventura tutta per me. Spesso la salita al Vioz e' il momento che apre la stagione e mi permette di valutare su un percorso noto e impegnativo il mio stato di forma. Altre volte ci torno quando ho bisogno di stare solo con i miei pensieri e "ricaricarmi"; in questi casi spesso comprimo l'intera escursione in un giorno solo; partenza alle 6 da VR, alle 9 a Pejo, alle 13 in vetta, alle 16 di nuovo a valle ... I tempi e ogni dettaglio (sempre gli stessi orari, colazione sempre nello stesso posto (che strudel!), attrezzatura sempre uguale) sono scanditi come un rito. Salire il Vioz e' per me qualcosa di molto simile a quello che per altri potrebbe essere (ad esempio) camminare verso Santiago de Compostela o qualcosa di analogo ... un "pellegrinaggio"   Queste foto sono piu' recenti (2003) e danno un'idea dell'ambiente.   Salendo, verso ovest il sottogruppo delle 13 cime     Le due punte del Cevedale (ZufallSpitze, cioe' monte a due punte, in tedesco)     Il Palon de la Mare e, sullo sfondo, il versante sud-est del Gran Zebru'.     Io e mio nipote; ok, non ci faccio una gran figura , in dialetto veneto si direbbe che sono un po' "tarusoto" (intraducibile, ma gia' la parola, pronunciata con la "s"sorda alla veneta, rende l'idea) ... comunque e' da tener presente che mio nipote e' alto quasi 1,90 ...     Due zoomate verso valle, giusto per dare un'idea dei dislivelli ... la costruzione nell'ultima foto e' il Doss dei Cembri, 1350 m piu' in basso; Pejo e' ancora altri 800 m piu' giu'.       Ok, allora ecco l'idea ... prossima cena piccante al Rifugio Mantova del Vioz ... i peppers li porto io

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Neve!

Le abbondanti nevicate di questi giorni mi hanno richiamato alla memoria alcune divertenti esperienze sulla neve (unico piccolo problema, non ho foto digitali per gli eventi che raccontero'; inserisco qualche foto scannerizzata)   Marzo 1977. Dopo un periodo di abbondantissime nevicate, che c'e' di meglio di una escursione sul Carega, la montagna di "casa"? Da Giazza per la Val Fraselle fino alle creste che uniscono Zevola e Plische in alto e poi giu' fino al rif. Scalorbi; un giro che in condizioni normali richiede poche ore ... Quel giorno pero' la quantita' di neve era enorme e il passo non poco rallentato. In alto poi ... nuvole basse fittissime e visibilita' zero, nessuna traccia battuta ... quasi come camminare alla cieca .   Su un percorso che conoscevo benissimo, ho vagato tutto il giorno senza mai sapere con esattezza dov'ero ... Su una serie di piccoli avvallamenti tondeggianti (doline, tipiche dei monti calcarei) ad un certo punto ho trovato delle impronte ... beh, da qualche parte porteranno ... Solo dopo molti minuti mi sono reso conto che le impronte che stavo seguendo erano ... mie!? Senza rendermente conto avevo percorso un cerchio completo intorno a una dolina!   Molto tempo dopo, verso le 19 con il buio ormai imminente, mentre cercavo ancora come punto di riferimento un passo in cui si cambia versante, sono praticamente finito addosso al muro delle chiesetta di Scalorbi ... almeno 2 km piu' avanti del passo che pensavo di non aver ancora raggiunto!   A Scalorbi la neve raggiungeva il livello del balcone del piano superiore (circa 3 m). Per entrare nel rifugio invernale, al piano terra, ho dovuto "scavare" ... e scavare naturalmente per uscire al mattino successivo; la neve caduta nella notte aveva gia' coperto ogni traccia del mio arrivo!     Dicembre 1979 Da tempo desideravo tentare un'avventura impegnativa. Parlando con un amico, e' nata l'idea di una salita invernale all'Hintergrat dell'Ortles. Periodo scelto, tra Natale e Capodanno '79. Purtroppo, colti dall'entusiasmo e per scarsa esperienza, nessuno dei due si e' preoccupato di verificare le previsioni meteo per i giorni successivi. Arriviamo a Solda con mezzi vari (treno, bus, infine autostop) alle 14 del pomeriggio. C'e' poca neve, ma il cielo e' bigio. Siamo d'accordo con il gestore del rif. Coston per prelevare le chiavi del rifugio dove dormire la notte stessa per salire l'Hintergrat il giorno dopo. Nel vederci il gestore scuote la testa ... brutto tempo in arrivo! Alzo gli occhi per guardare il cielo, gia' pronta la smentita sulla punta della lingua e ... mi arriva un fiocco di neve sul naso! Da quel momento la neve scende ininterrottamente e abbondantemente per le successive 36 ore. Il mattino successivo sulla strada dove eravamo appena saliti in autostop ce n'erano almeno 70 cm.   Simpatiche le parole del gestore al mattino successivo (immaginatele pronuciate con fortissimo accento tedesco): "Se volete chiave del rifugio, io do' ... ma se salite lassu' ... 100% non ci rivediamo piu'!"   Vabbe', allora torniamo a casa ... huummm, piu' facile a dirsi che a farsi . L'unica strada che esce da Solda non viene pulita in caso di abbondanti nevicate, per il pericolo di valanghe lungo la strada. Per "scappare" da Solda fino alla "civilta'" (Gomagoi a 10 km e 1000 metri piu' in basso), ci sono volute 4 ore di marcia nella neve freschissima e profonda (al ginocchio e in certi punti dov'era portata dal vento anche fino al petto).   Il pericolo valanghe l'avevamo molto sottovalutato; solo quando ne ho vista (e calpestata) una gia' scesa, mi sono reso conto davvero di "cosa" significa (un fronte di 30 m per 5 m di blocchi di neve duri come cemento, brrrr!), ma ormai eravamo in ballo e bisognava ballare ...   Impressionante anche trovare lungo la strada alcune auto abbandonate, ancora con gli sci fissati al portasci e letteralmente sepolte dalla neve.   Un'odissea l'intero ritorno a casa, con tutto l'Alto Adige paralizzato dalla neve ... un viaggio interminabile fino all'alba del giorno successivo (Solda-VR=18 ore).       Non sempre, per fortuna, la neve e' cosi' profonda e "faticosa". In un'altra occasione, sempre verso Natale (forse nel '78), ho trovato il Carega completamente "gelato"; si poteva camminare dappertutto come se la neve fosse asfalto, senza nemmeno lasciare l'impronta del piede (solo i buchetti delle punte dei ramponi). Quel giorno ho percorso la ferrata Campalani; sembrava di essere su qualche grande classica parete nord ... tutto foderato di ghiaccio scintillante ... con sole splendido e un cielo completamente azzurro ... momenti e sensazioni indimenticabili .  

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Nel cuore delle Dolomiti

Questa escursione e' doppiamente interessante ... riunisce la salita ad un'altra grande ferrata classica (tra le piu' difficili dei monti pallidi) e un percorso stradale mozzafiato proprio nel cuore delle Dolomiti: Passo Pordoi, Passo Sella, Passo Gardena.   La ferrata "C.Piazzetta" al Piz Boe' e' una delle piu' temute. I primi 100 metri (di dislivello) sono veramente impegnativi; la parte alta e' piu' semplice, ma in molti tratti non attrezzata (roccette di 1° e 2° grado).   Gia' a tarda sera, salendo in auto al passo Pordoi, un momento eccitante ... evitato per un pelo un frontale con un cervo che scorazzava in mezzo alla strada!   L'alba promette bene ...     Il primo sole sulle rocce mentre mi avvicino all'inizio della ferrata       Il tratto piu' impegnativo termina all'altezza del ponte sospeso che si intravede nella spaccatura in alto al centro     Ecco il ponte, niente di particolare (avrei preferito due semplici corde d'acciaio, una per i piedi e una per le mani e la sicurezza ... un po' piu' acrobatico )     Verso la vetta     La Capanna Fassa, proprio in vetta al Piz Boe'. Era ancora molto presto, circa le 10 del mattino ... Nonostante in giro non ci fosse ancora praticamente nessuno, gli inservienti erano indaffaratissimi a preparare i tavoli ecc Non ero mai stato su questo gruppo montuoso e questi preparativi suscitavano qualche perplessita' ...     Non avevo considerato che "dall'altra parte" una cabinovia scarica in quota una marea di gente! Mentre scendevo tutto mi e' diventato piu' chiaro Il facile sentiero che raggiunge la vetta del Piz Boe' sembrava un vero formicaio (ero semplicemente arrivato in vetta troppo presto)     Il passo Pordoi dalla vetta     L'altopiano del Sella, un paesaggio un po' lunare     Il rientro; una vista d'insieme del versante sud del Piz Boe'     Conclusa l'escursione, di solito inizia la parte piu' noiosa, il rientro in auto ... ma non in questo caso! Percorrere la strada che dal passo Pordoi tocca il P.Sella e il P.Gardena e' un'emozione e puo' richiedere un tempo lunghissimo ... ad ogni curva si presenta un nuovo scorcio da cartolina ed e' fortissima la tentazione di fermarsi e scattare nuove foto. Un vero spettacolo!   Alcuni scorci del gruppo del Sella           Il Sassolungo     La Marmolada     Lo spazio per gli allegati e' esaurito, come (forse) la pazienza di chi legge ... Peccato non poter pubblicare tutte le foto che ho scattato quel giorno e peccato (soprattutto) che io non sia in grado di fare delle foto veramente degne di queste fantastiche montagne .

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Mito

Tra i molti "top climbers" attivi nei primi anni '80 uno tra tutti merita in particolar modo di essere ricordato: Patrick Edlinger.   In quegli anni era per me un vero mito. Il suo stile fluido anche nei passaggi piu' difficili e' un modello ancora oggi.   I numerosi film di arrampicata di cui e' protagonista sono interessanti per la difficolta' delle vie, lo stile con cui sono superate e anche per le tecniche cinematografiche sicuramente innovative all'epoca.   Ecco alcuni esempi ... (la qualita' non e' eccellente, si tratta di film di oltre 25 anni fa)   Una spettacolare salita "solo" nello stile piu' perfetto ... niente corda ... via anche le scarpe! http://it.youtube.com/watch?v=dRSRsO9QbQc&...feature=related   Un film vero e proprio (in tre parti): Opera vertical http://it.youtube.com/watch?v=iQs3XMYDucs http://it.youtube.com/watch?v=QPbfqKFFuQs&...feature=related http://it.youtube.com/watch?v=T4tzXZXyBTM&...feature=related   Una parte di un altro film: La vie au boit des doigts (La vita sulla punta delle dita) http://it.youtube.com/watch?v=HzIo2IleE-c&...feature=related   Per finire, un po' di allenamento ... http://it.youtube.com/watch?v=rX1xBJgCpeo&...feature=related   Non sono particolarmente adatto per giudicare, ma a occhio e croce direi che anche le dolci fanciulle per nulla interessate all'arrampicata potrebbero trovare piacevoli questi filmati, soprattutto l'ultimo ...

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Mesules ... finalmente!

Finalmente perche' la ferrata delle Mesules (gruppo del Sella) era praticamente l'unica tra le grandi classiche che non avevo ancora salito. E' stata la prima ferrata costruita nelle Dolomiti (1912!) ed e' ancora una delle piu' difficili e temute. L'avevo presa in considerazione quando, alle prime esperienze con questo tipo di percorsi, la classificazione "particolarmente difficile" sulle guide mi incuteva ancora un certo timore ... La presenza di tratti non protetti e le descrizioni piuttosto spaventevoli mi avevano spinto verso altri percorsi ... E' giunto il momento di chiudere la questione   Solita tecnica per la preparazione; salita in auto al Passo Sella nella tarda serata di venerdi e ottimo riposo nella camera da letto modello Sharan Al risveglio, il tempo e' davvero splendido e promette una appagante escursione.   L'avvicinamento e' davvero semplice; un percorso pianeggiante porta all'attacco della ferrata in meno di mezz'ora, proprio nel mezzo delle Torri del Sella.     La ferrata sale appena a destra della grande macchia scura (roccia bagnata)       Non ho scattato molte foto nella ferrata vera e propria ... (per chi e' interessato, se ne trovano molte qui: http://www.vieferrate.it/ferratamesule.htm ) Qui, da un comodo terrazzino all'uscita del secondo passaggio chiave, si vedono altri due che si apprestano a partire ... un bel po' piu' in basso     L'ambiente e' severo, per la verticalita' della parete e l'esposizione a nord che la rende un po' tetra.       La difficolta' e' sostenuta e continua, ma non ci sono passaggi estremi. I due temuti passaggi chiave sono tali solo per le loro particolarita'. Nel primo c'e' un breve tratto non attrezzato, ma su terreno facile e non esposto. Il secondo e' un camino con staffe d'acciaio disposte un po' in diagonale e richiede alcuni movimenti "strani"; assomiglia molto all'inizio della ferrata Biasin, la mia ferrata "di casa" e non ho trovato problemi.   Alle spalle, verso sud-ovest, La Val Gardena     Al termine della salita, si sbuca sull'altopiano delle Mesules ... uno scenario davvero insolito! Sembra di essere sulla luna!           Il percorso per rientrare al passo Sella compie un lunghissimo giro attraversando praticamente tutto l'altopiano; non ci sono dislivelli significativi, ma la lunghezza e il caldo (nonostante la quota appena inferiore ai 3000 m) lo rendono piuttosto faticoso. E' davvero curioso camminare per ore a 3000 m con indosso solo un paio di pantaloncini corti   Anche in mezzo a questa pietraia inospitale si trovano fiori meravigliosi!       La vista tutto intorno e' mozzafiato!   Il Sassolungo     La Marmolada (nord)     La discesa percorre la selvaggia Val Lasties     basta guardarsi attorno in qualunque direzione per ammirare spettacolari pareti               Non mancano angoli piacevoli: prati, cascatelle ...       Unico neo, l'ultima parte della discesa si svolge proprio sopra i tornanti che portano dal Passo Pordoi al Passo Sella; il traffico in questo periodo (ferragosto!) e', purtroppo, parte integrante di questo angolo di Dolomiti (il Sella e' circondato da strade che toccano 4 tra i piu' famosi passi dolomitici), ma l'incessante rumore delle moto e' davvero fastidioso. Che contrasto con il silenzio assoluto della notte! Ogni tanto nasce qualche proposta per abolire il passaggio delle moto su queste strade; non posso che essere d'accordo! (non me ne vogliano i pepperfriends amanti delle due ruote)   Alla prossima ... presto!

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La ferrata piu' difficile

La difficolta' delle ferrate e' sempre relativa, niente a che vedere con l'arrampicata vera e propria. La valutazione e' anche in qualche misura soggettiva, quindi la mia personale classifica puo' essere diversa da altre piu' o meno ufficiali.   Per stilare una graduatoria occorre tener conto di tanti fattori: lunghezza, quota, isolamento, continuita', esposizione, attrezzatura (staffe, pioli ecc) ...   Da un punto di vista puramente tecnico, tenendo conto solo della difficolta' dei singoli passaggi e della loro continuita', la ferrata a mio avviso piu' difficile e' la "Segata" al Doss d'Abram sulle Viote del Bondone.   L'ho percorsa due volte; la prima volta e' stata una vera sorpresa perche' la Guida che avevo consultato e' decisamente sbagliata; l'autore ha chiaramente confuso la ferrata vera e propria con un facile tratto di sentiero attrezzato che si percorre in discesa sull'altro versante del monte! La Guida in questione e' molto diffusa e questo errore ha sicuramente contribuito a mantenere relativamente poco famosa e conosciuta la ferrata (oltre che a giocare un bello scherzo a piu' d'uno ...). A dire il vero avevo letto anche notizie molto diverse, ma come mettere in dubbio una guida prestigiosa ?! ...   La ferrata e' in realta' molto dura, seppur brevissima (100 m) e con una possibilita' di fuga a meta'. La corda d'acciaio sale sulla parete verticale e a tratti strapiombante con pochissimi pioli aggiuntivi (e non nei punti piu' difficili); e' necessario un discreto sforzo di braccia (o una gran tecnica di arrampicata per sfruttare bene l'appoggio dei piedi).   L'ambiente dove si eleva il Doss d'Abram e' particolare e piacevole. Risalendo la Val d'Adige, poco prima di Trento si devia a sinistra e si sale per una bella strada fino alla localita' turistica Viote del Bondone, una zona con alcune vette erbose, grandi prati e un'unica cima rocciosa che spunta come un fungo nel verde del paesaggio, il Doss appunto.   Ecco un paio di foto che danno l'idea dell'ambiente (realizzate, a differenza delle altre, nella mia seconda visita); nella prima in basso a sinistra si vede Stefania che mi ha accompagnato per un tratto ... , nella seconda sullo sfondo le Dolomiti di Brenta. Alberi e prati sono vestiti con i colori autunnali.       Il giro che comprende la ferrata si svolge su una cresta a "ferro di cavallo" che tocca varie cime. Il Doss era coperto dalle nuvole mentre mi avvicinavo, solo quando ormai ero vicino ... eccolo!     Man mano che la distanza diminuiva, ero sempre piu' perplesso sulle indicazioni della Guida ... le foto non coincidevano e non riuscivo a capire dove saliva la ferrata (e' sulle rocce a sinistra della foto)     Alla fine ecco un cartello! Una mano pietosa ha aggiunto una indicazione preziosa ... "estrema" ! (e' un mistero come sia riuscito a non inquadrarlo tutto da un metro di distanza )     L'attacco e' originale; il cavo d'acciaio si infila in un buco ...     Nessuna foto nella prima parte, veramente senza respiro. All'inizio della seconda parte (dopo una breve cengia tramite la quale si puo' eventualmente uscire dalla parete) si intuisce che il seguito e' impegnativo (le foto dal basso non rendono la verticalita').     Superato il tratto piu' impegnativo, c'e' tempo per un'altra foto.     Anche l'uscita, come l'inizio, passa da un buco ...     Ecco sbucare (letteralmente) un altro appassionato, salito dopo di me (nella mia seconda visita invece ho salito la ferrata molto tardi al pomeriggio, in perfetta solitudine)     Vista sulla Val d'Adige ...     Sceso dall'altro lato del Doss e superato un facile tratto attrezzato, l'errore della Guida diventa evidente ... Questa foto corrisponde a quella pubblicata (con tanto di tracciato della via) ...     Il Doss dalla vetta del Cornetto che chiude il lato corto del "ferro di cavallo". In secondo piano, a sinistra, la Cima Verde (che bel nome).     Il vallone centrale     Un facile sentiero scende sull'altro lato lungo e porta in breve ai prati iniziali     Un'escursione piacevole in ambiente rilassante ... la ferrata aggiunge giusto quel po' di piccante che non guasta mai ... (in questo caso il po' di piccante e' pero' praticamente un Naga )     Altre belle foto e note qui: http://www.vieferrate.it/ferratasegata.htm (su questo sito si trovano relazioni per quasi tutte le ferrate che descrivo)

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La dura dura

Da quanto tempo non aggiorno questo blog!?   Quest'anno ho intenzione di riprendere la mia attività in montagna Mi sto già allenando, anche se ogni anno è sempre più dura   A proposito di "dura", si chiama proprio così (in italiano), la via di arrampicata sportiva più difficile (per ora), frutto della collaborazione dei due più quotati top climbers del momento. In attesa di foto e racconti miei, gustatevi i tentativi, i tanti voli e la prima e secoda salita di questa via ...     Per gli impazienti, la prima salita inizia al minuto 9:56

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L'evoluzione dell'arrampicata

Nel periodo in cui ho praticato l'arrampicata vera e propria (fine '70-inizio '80) si discuteva se il limite delle capacita' umane fosse il fatidico 6° grado oppure se creare una scala delle difficolta' chiusa fosse stato un errore madornale ... Messner scandalizzava tutti pubblicando un libro intitolato "Settimo grado" ... Qualche decennio dopo e' evidente che la seconda ipotesi era quella giusta. L'arrampicata libera (o sportiva, come si chiama oggi) ha fatto enormi progressi, ora le difficolta' massime si esprimono con numeri a 2 cifre (!).   Anche l'approccio alle grandi pareti e' cambiato. Un film sulla salita in tre giorni della via The Nose su El Capitan (Yosemite, USA) al Festival di Trento del 1977 mi aveva entusiasmato. Ora c'e' chi percorre la stessa via in poco piu' di tre ore (1000 metri verticali) sia pure sfruttando tutte le attrezzature gia' presenti.   Ecco tre interessanti filmati per chiarire per immagini ...   Nel primo, uno dei top-climber del momento sfida le leggi di gravita' sulla via probabilmente piu' difficile ... So che e' difficile per chi non ha mai arrampicato valutare realmente la difficolta', ma provate ad appendervi su una appiglio orizzontale anche di grosse dimensioni e con i piedi appoggiati piu' avanti rispetto alle mani anche solo per pochi secondi ... poi considerate che il filmato dura molti minuti e ... guardate le dimensioni di certi appigli ...   Lo stile "lento" di una altro grande climber sulla stessa via e' forse ancora piu' impressionante   http://www.youtube.com/watch?v=s5Dc_lYnjWE&NR=1   Il terzo filmato e' appunto una "corsa" contro il tempo sul Nose de El Capitan; una prestazione atletica fantastica e una confidenza incredibile con l'ambiente verticale ... in certi passaggi alla fine del filmato c'e' letteralmente un km di vuoto sotto i piedi ... e senza corda!   http://www.youtube.com/watch?v=heIiGX3__Qg

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Kaiserjager

La stagione 2009 delle vie ferrate si apre con un'escursione non troppo impegnativa, ma molto bella e "rilassante".   La meta e' la ferrata Kaiserjager sul Col Ombert, cima minore nella valle di S.Nicolo', valle laterale che si dirama in direzione W-E dalla Val di Fassa presso il grazioso paese di Pozza di Fassa.   Considerato il percorso di avvicinamento piuttosto semplice, ho utilizzato la tecnica ormai collaudatissima; partenza a tarda sera (dopo le 21), viaggio su strade quasi deserte e scorrevoli fino in Val S.Nicolo', placida dormita in auto per essere pronto al mattino presto. La piacevole novita' rispetto al passato e' che la monovolume che utilizzo adesso e' tanto spaziosa da permettere l'uso di un materasso "vero" al posto del solito materassino gonfiabile; tanto fiato risparmiato e comfort decisamente migliore   All'arrivo, notevole la differenza di temperatura con Verona; dai 30°C direttamente ai 9-10° (poco dopo mezzanotte, a circa 1500 m di quota) Sono sceso dall'auto in pantaloncini e maglietta, com'ero partito, ma in meno di 10 secondi ero gia' in tenuta adeguata: felpa pesante e pantaloni lunghi   Notte tranquilla, con spettacolare visione del cielo stellato direttamente dal ... letto .   Al mattino, subito una piacevole sorpresa ... secondo le indicazioni sul percorso trovate online, si puo' raggiungere in auto la fine della strada asfaltata, ma il comune di Pozza ha avuto l'eccellente idea di riservare un paio di km della strada, in leggera salita e ambiente davvero carino, alla passeggiata dei turisti della domenica. Quindi strada chiusa molto prima, divieto di parcheggio lungo la strada, grande parcheggio attrezzato in riva al torrente (a pagamento, ma solo 2 euro/giorno) e poi ... tutti a piedi! Molto ben fatto!   Per salire al rifugio si percorre tutto il fondovalle, poi il sentiero si inerpica sul versante nord con una progressione micidiale ...   La ferrata inizia poco lontano ... i primi 30 metri sono impegnativi (tanto da farmi un po' rimpiangere l'allenamento in palestra che ... non ho fatto ), ma poi il percorso diventa piu' semplice e divertente ... giusto quel che ci vuole per riprendere confidenza.   Alle 10:30 sono in vetta; cielo completamente terso, vista a 360°; ben visibile "a portata di mano" in particolare il Sella; nascosta invece dal cerchio di monti che chiude la valle a est la Marmolada ...   Spuntino, riposo e discesa tranquilla e rilassante. Anche in questa circostanza mi ha assistito la mia consueta fortuna; non c'era nessun altro sulla ferrata e su tutto il percorso di discesa (il che e' davvero insolito su un percorso di questo tipo in una bella domenica di fine luglio!); ho potuto assaporare in perfetta solitudine ogni momento   Nel complesso una bella giornata, ottimo preludio per altre escursioni piu' impegnative.     Il ripido sentiero che sale al rifugio ...     ... sbuca su verdi prati in un ambiente piacevole     Il rifugio S.Nicolo'     Il Col Ombert e' poco lontano; la ferrata inizia a partire dalla grotta che si nota sulla sinistra e si sviluppa piu' o meno sotto la verticale della cima     Alcune immagini della prima parte della ferrata. Una "pancia" costringe ad alcuni movimenti di forza, ma si tratta di pochi metri           Il percorso attuale, perfettamente attrezzato dal 1996, corre a fianco di un percorso risalente al 1915 ... si notano ancora pezzi di scale, fittoni ecc     Il rifugio dall'alto ...     ... e l'intera valle S.Nicolo'     Il Sella; sulla destra la cima piu' alta, il Piz Boe' (v. entry sulla ferrata Piazzetta)     In discesa ...         Al mattino presto la valle era ... tutta per me. Al rientro (primo pomeriggio) una lunga processione di vacanzieri risale la valle (su strada in gran parte asfaltata) ... ma a piedi; davvero ottima l'organizzazione e lodevole l'idea di tenere fuori le auto  

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Jumbo Love

Ancora una realizzazione al vertice per Chris Sharma. Il filmato tanto atteso della salita di Jumbo Love e' finalmente online.   http://www.youtube.com/watch?v=ikoJI05WkQ0   Si tratta senz'altro della via di arrampicata sportiva piu' difficile realizzata fino ad ora; un incredibile muro strapiombante che deve aver richiesto un bel numero di tentativi! Quando ho iniziato ad arrampicare, a fine anni 70, si discuteva se il sesto grado fosse davvero il limite delle possibilita' umane o se esistesse un 7° grado ... Altri tempi! La quotazione di questa via e' molto prossima al grado 12 ...

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Immagini ed emozioni

Ogni tanto mi guardo qualche bel video di arrampicate. Questo mi ha particolamente colpito perché è una bella rappresentazione di quante diverse emozioni si possono vivere in montagna ...        

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Hintergrat

Agosto 1977 ... Appena conclusi felicemente gli esami di maturita', con alcuni amici progettai una traversata del gruppo dell'Ortles-Cevedale da Pejo a Solda, con l'intento di toccare le cime principali rimanendo per molti giorni sempre sopra i 3000 m.   Le mie esperienze in montagna erano molto limitate, ma le montagne erano un mondo misterioso e affascinante che mi attirava irresistibilmente ... Non avevo ancora preso in considerazione l'arrampicata su roccia; le montagne che avevo in mente erano "nevose".   Tutto bene nei primi giorni della traversata; Vioz, Cevedale ... Brutto tempo invece nel giorno previsto per la via normale al Gran Zebru' ...   Nel pomeriggio mentre scendevamo dal rif.Casati verso il bivio per il rif.del Coston, alla nostra sinistra pian piano compariva sempre piu' impressionante la parete nord del Gran Zebru' ... devo aver camminato per km con lo sguardo fisso e la bocca aperta per la meraviglia. Quella parete sarebbe stata il mio sogno nel cassetto per quasi 10 anni ... ma questa e' un'altra storia e un altro capitolo del blog   La nostra meta per il giorno successivo era il Coston di dentro dell'Ortles (Hintergrat). Adesso, a distanza di tanti anni e con tanta esperienza, mi rendo conto di quanto temeraria fosse stata l'idea di salire quella via senza alcuna esperienza e con scarsa attrezzatura; tuttavia l'entusiamo era immenso e le capacita' fisiche al massimo (18 anni!) ... niente mi sembrava impossibile!   I miei 4 amici non erano pero' proprio dello stesso parere ... gia' la sera al rifugio, al cospetto di sua maesta' l'Ortles (3905 m), l'incertezza si insinuava nel gruppo. All'alba (per vie di questo tipo di parte alle 4) due erano cosi malandati (mal di schiena e dolori alla pancia) da dover rinunciare.   Gli altri due resistettero alcune ore su per il pendio nevoso (ora pietroso) che costituisce la prima parte della salita; poi, su un passaggio un po' piu' difficile, decisero che non sarebbero saliti un metro in piu' ...   Come ho gia' detto, quel giorno nulla avrebbe potuto fermarmi; credo sia stato uno dei giorni piu' "magici" della mia vita. Cosi', avendo visto che comunque c'era anche un'altra cordata in parete, una coppia di fidanzati tedeschi, lasciai ai due "amici" tutta l'attrezzatura e continuai da solo. In poco tempo raggiunsi i due tedeschi e un po' in inglese un po' a gesti chiesi se potevo unirmi a loro e utilizzare la loro corda nei punti piu' critici ... Il resto della salita e' scolpito per sempre nel mio cuore; la via e' veramente spettacolare, in certi tratti sembra di essere su una cresta himalayana! Il mio entusiasmo era irrefrenabile, semplicemente quel giorno "volavo". A mezzogiorno in punto il trio improvvisato raggiunse la vetta e verso le 17 il rifugio Payer sull'altro versante del monte. La' aspettavano i miei amici, ormai ristabiliti dai piccoli malanni; ricordo bene il loro sguardo invidioso, mi ha insegnato che a volte bisogna "osare".   Unico rammarico, non ho foto di quel periodo e non ho nemmeno foto digitali recenti di quei monti (solo stampate).   Queste le ho trovate in Internet, spero che i legittimi proprietari non se la prendano   Gran Zebru, Zebru e Ortles da sud   Una vista della Hintergrat (guardando indietro sul tratto appena percorso)     Cercando altre foto ho trovato un bel servizio fotografico completo sulla via; vale la pena visitarlo e ingrandire le splendide immagini: http://www.climberland.net/hintergrat/hintergrat_it.htm   Ci sono anche due spettacolari viste sulla nord del Gran Zebru ... durante l'ascesa dell'Hintergrat ero certo che un giorno l'avrei scalata, pero' ... il resto alla prossima puntata

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Grandi alpinisti

La letteratura di montagna e' piena zeppa di racconti di avventure epiche, comportamenti eroici e grandi imprese ... A volte pero' la realta' e' molto meno nobile e, in certi casi, sfiora la farsa .   Questo e' il racconto (senza foto) di una mia "avventura" tragicomica che risale all'ormai remoto 23 novembre 1980 (ricordo bene la data perche' quel giorno si e' verificato il terremoto in Irpinia). E' una di quelle storie che si raccontano con piacere ogni volta che ci si ritrova con i vecchi amici, magari arricchendola ogni volta di nuovi dettagli .   Domenica mattino; nonostante l'autunno inoltrato, e' una giornata splendida, l'ideale per una escursione in montagna. Contatto al telefono tre amici della Val d'Illasi (con qualche difficolta', per quanto possa sembrare strano ai piu' giovani, ancora non esistevano i cellulari e pochi avevano il telefono in casa) ... "Che facciamo? Un bel giro sul Carega? (la montagna "di casa") Ok, passo tra poco ..."   Alle 9 siamo tutti e quattro al rifugio Revolto: A****a, F******o, G***o ed io. Ho portato il materiale da arrampicata; scarpette, imbragatura, una corda, martello e qualche chiodo ... magari ci inventiamo qualcosa ... Anche gli altri hanno scarpette/scarponi e imbragatura. L'occhio si posa sulla Sengia de Mezzodi', una parete di roccia (apparentemente) solida alta 100 m e larga circa il doppio, che si erge dall'altra parte della valle, alla base del M. Plische, proprio di fronte al rifugio ... Perche' no? E' ben noto che la roccia nel versante veronese del Carega e' davvero pessima ("marcia", come si dice), ma quella parete vista da lontano sembra abbastanza solida ()   Per la serie "Le ultime parole famose", G. dice "Va bene, proviamoci, ma in fretta che' alle 2 ho un appuntamento" (morosa?).   In breve siamo alla base della parete. Abbiamo una sola corda, un piccolo problema; il primo che sale dovra' recuperare il secondo, poi lanciare il capo della corda al terzo, farlo salire e ripetere l'operazione con il quarto ... laborioso, ma vabbe' ... Lasciamo gli zaini (li prendiamo al ritorno) e partiamo.   Il primo "tiro", circa 30 metri fino ad un buon punto di sosta, si presenta abbastanza semplice e solido. A. sale tranquillo, attrezzando con chiodi nei punti piu' difficili. In un'oretta siamo tutti alla prima sosta (e sono circa le 11).   Il secondo tiro, altri 30 metri, e' decisamente piu' complicato e la roccia non e' piu' tanto buona. F. e' impegnato per una mezz'ora ed e' ormai mezzogiorno quando siamo tutti insieme alla seconda sosta, un misero gradino che a malapena puo' contenerci tutti, stretti come sardine.   G. prova a partire per il tratto successivo, ma dopo solo 3-4 metri c'e' un punto molto difficile e, dopo alcuni brutti momenti, decide di rinunciare. Tutti mi guardano, sono l'unico che ancora non ha "tirato" (cioe' che non e' salito da "primo di cordata") e chiaramente tocca a me Supero il primo passaggio difficile, ma piu' su e' ancora peggio ... pian piano salgo, metto qualche chiodo malsicuro mentre la qualita' della roccia diventa sempre peggiore ... Dopo una ventina di metri sono praticamente in trappola; la roccia e' completamente marcia, al punto che non c'e' proprio da far affidamento sui miseri chiodi che riesco a piantare per scendere ... devo salire per forza. Procedo, metro dopo metro, con una lentezza esasperante ... Scarico una valanga di sassi verso il basso; all'inizio non e' un problema perche' sono spostato a sinistra rispetto alla sosta, ma poi rientro un po' a destra e i malcapitati compagni sono proprio sotto tiro; ogni due minuti devono appiattirsi contro la roccia, sotto una minima sporgenza cercando di non farsi colpire da qualche pietra.   Alle 2 G. inizia a lamentarsi (la morosa ...), ma la faccenda e' davvero complicata. All'epoca ancora si discuteva se il 6° grado fosse il limite delle possibilita' umane o se esistesse un 7° (ora le maggiori difficolta' sono quotate con numeri a due cifre!); quel giorno non avevo dubbi sul fatto che il 7° esistesse ... c'ero proprio in mezzo!!   Ricordo ancora benissimo gli ultimi metri prima dell'uscita. Un piccolo tetto da attraversare verso destra sfruttando la fessurina sul fondo, stretta e bagnata (mi vengono ancora i brividi pensando che solo un paio d'anni dopo quel tetto, un blocco di 4-5 metri cubi, e' caduto), poi un muro di 4 metri da salire in verticale; roccia (?) hummm ... praticamente ghiaia. Solo quattro metri piu' su solidi rami di pino mugo sporgenti sul bordo della parete, poi il bosco ... a tre metri d'altezza, poco fuori dalla mia portata, un esile rametto di salice, spuntato li chissa' come ?! Una lunghissima serie di tentativi e rinunce; impossibile! A questo punto i miei ricordi sono un po' confusi; non so bene come, ma con un "lancio" arrivo al rametto, confidando nella forza delle sue radici (o la va o ...) e poi un altro "lancio" fino a prendere un solido ramo di mugo e ... uffff fuori, finalmente!   Nel frattempo sono passate molte ore, sono le 4 del pomeriggio. Un'altra ora se ne va mentre A. sale sbuffando e ripetendo continuamente "Ma come c***o hai fatto? Porc* put****!" Quando anche lui, stravolto, e' nel bosco, sono le 5 ed e' ormai buio (ricordate che e' il 23 novembre).   F. ama sempre ricordare che e' rimasto sul terrazzino della seconda sosta da mezzogiorno fino a sera e che nel frattempo ha visto sulla strada Revolto-Passo Pertica, dall'altro lato della valle, le stesse persone salire e anche ... ritornare!   Dopo una battuta emblematica del nostro stato d'animo ("Beh, il 50% del gruppo e' in salvo") ci rendiamo conto con orrore che abbiamo un piccolo problema . I nostri amici sono 40 metri piu' giu', leggermente spostati in diagonale, e al buio non e' proprio facile lanciargli la corda. Per di piu' i rami di pini mughi sul bordo della parete sono un ostacolo quasi insormontabile; infatti nei primi due tentativi la corda si impiglia sui rami e dobbiamo tirare con tutte le nostre forze per liberarla. In successivi tentativi riusciamo a schivare i mughi, ma la corda arriva sempre troppo lontano dal terrazzino.   Ok, non c'e' altro modo che scendere lungo la corda (fortunatamente abbiamo un discensore), pendolare fino al terrazzino e poi da lì risalire uno alla volta lungo la corda (con nodi autobloccanti). Tiriamo a sorte e naturalmente perdo (che giornata di m**** ); scendo, mentre la corda smuove sassi che mi fischiano attorno nel buio ... Tra discesa (mia) e risalita (di tutti, ultimo F.) passano ancora altre lunghe ore; solo alle 8 di sera siamo tutti nel bosco sopra la parete.   Bene!   Uno chiede "Da che parte si scende?" Ops ... nessuno ha guardato ...   Prendiamo "a naso" verso destra in mezzo ai mughi (e chi ha provato sa cosa vuol dire), costeggiamo la parete fino a trovare un canalone e iniziamo a scendere. Quando termina con un salto roccioso, risaliamo e proviamo il successivo ... Il terzo e' quello buono e, pur con qualche difficolta' (sempre al buio), arriva fino alla base della parete.   Poi, sempre in mezzo ai mughi, dobbiamo tornare indietro sotto la parete per recuperare gli zaini. Alle 10 di sera (notte) abbiamo di nuovo i nostri zaini e ormai solo un facile ghiaione ci separa dal sentiero che riporta a Revolto. G. ha smesso da un pezzo di lamentarsi per l'appuntamento mancato   Ora viene la parte piu' bella . Dovete sapere che, per vari motivi, A. e F. non avevano mai fatto sapere in famiglia che andavano ad arrampicare; al massimo semplici escursioni, ma niente a che vedere con quei "mati che rampéga su par le roce" (erano decisamente altri tempi).   Alle 10 di sera pero' sul Carega non c'e' in giro proprio piu' nessuno e i genitori dei miei amici erano chiaramente preoccupati per il mancato rientro, al punto da decidere di venire a cercarci ... (mia mamma non si era invece preoccupata, per fortuna, pensando che mi fossi fermato in compagnia a casa loro).   Proprio mentre raccogliamo gli zaini, i fari di un paio d'auto risalgono i tornanti della strada tra Giazza e Revolto; e quando, sceso il ghiaione e preso il sentiero, siamo ormai a poche centinaia di metri dal rifugio, le auto arrivano al parcheggio di Revolto e i genitori in ansia iniziano a chiamarci: "A****aaaaa! F******ooooo! G***ooooo!" Che fare? Rispondiamo "Siamo quiiiiiii". Il dialogo che segue e' surreale (immaginatelo nel buio, nel silenzio dei boschi e dei monti, urlato (in dialetto) tra due gruppi di persone a qualche centinaio di metri di distanza) ... "Qui doveeeee?" (chi 'ndoe' ?) "Nel boscooooo" "Ma cosa fate liiiiiii?" (ma sa fasìo lì?) "Arriviamooooooo" ('rivemo) "Si, ma perche' siete ancora liiiiii?" (si, ma parchè sio 'ncora lì?)   Ehm, con la prossima risposta ci siamo sputtanati agli occhi di quei genitori per tutto il resto della nostra vita ... ma era l'unica risposta plausibile per non dover dare troppe spiegazioni   "Ci siamo ... PEEERSIIIIII" (semo persi)   Vi lascio immaginare le sarcastiche battute quando finalmente arriviamo al parcheggio del rifugio (ci hanno accompagnato per anni!).   Dulcis in fundo ... I genitori di F. gestiscono un negozio; il mattino dopo, mentre F. bazzica lì intorno, un cliente dice (in dialetto) "Ieri sono stato sul Carega, bella giornata; c'erano 4 matti sulla roccia davanti a Revolto che arrampicavano" E il papa' di F. "Proprio matti! Mio figlio non farebbe mai cose del genere! Pensa che anche lui ieri e' stato sul Carega, ma e' riuscito a perdersi sul sentiero!"   Grandi alpinisti

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Gran Zebru', il Re

La mia piu' grande aspirazione e' stata per molti anni riuscire a salire la parete nord del Gran Zebru' (o Konigspitze, cioe' monte del re) nel gruppo dell'Ortles.   Il Gran Zebru' (3857 m) e' imponente da ogni lato, ma la parete nord e' veramente impressionante; 1200 m di dislivello con molti tratti di pendenza a 70° e oltre. Fino a pochi anni fa, a renderla ancora piu' temibile, dalla cima si protendeva sulla parete una immensa cornice di neve, cioe' una formazione di neve compatta che si forma nel lato sottovento per l'azione del vento, del freddo e del peso; quella del Gran Zebru' era così imponente da meritarsi un nome: la "meringa" Dopo essersi progressivamente ridotta, la famosa meringa e' crollata nel 2001. Il primo salitore (Diemberger, 1956) l'aveva letteramente "bucata" per salire direttamente sotto la verticale della vetta.   Come ho gia' scritto in "Hintergrat", la nord mi aveva affascinato gia' nel 1977 ... ma, per la difficolta' di essere sul posto (a 250 km da casa) con la parete in condizioni favorevoli e in una giornata di bel tempo, il sogno di salirla si e' avverato solo nella primavera del 1984. In realta' la parete non era affatto in condizioni, troppa neve e troppo caldo ... ma non avrei sopportato di tornare ancora una volta a casa deluso ...   Io e il mio compagno avevamo previsto di rimanere un giorno intero al rifugio Citta' di Milano per acclimatarci, effettuando solo una ricognizione fino alla base della parete. L'idea era di partire poi verso le 3 del mattino; ma ad ogni ora che passava eravamo sempre piu' impazienti e continuavamo ad anticipare la partenza ... Alla fine siamo partiti alle 18 ! E' stata una vera fortuna perche' a causa delle pessime condizioni la salita ha richiesto un tempo infinito, ben 18 ore dal rifugio fino al rientro a Solda alle 12 del giorno successivo   In quella salita, forse per l'unica volta nella mia carriera alpinistica, ho rischiato molto piu' del dovuto ... nella parte alta della parete la neve era inconsistente; spesso oltre alla punta della piccozza penetrava l'intero manico e ... buona parte del braccio ... su pendenze superiori a 70° ! In tali condizioni anche gli ancoraggi alle soste erano precari, assolutamente non in grado di bloccare una caduta. Sarebbe bastato un piccolo cedimento del manto nevoso per finire entrambi sul ghiacciaio centinaia di metri piu' in basso Fortunatamente alla fine tutto e' filato liscio Unico rammarico, essere stati costretti a uscire sulla cresta molto a destra della cima, aggirando la meringa (peraltro gia' molto ridotta).   Conservo sempre vivo il ricordo di questa parete incredibile. Ogni volta che mi reco a Solda (un posto perfetto per le vacanze!) e salgo al rifugio proprio di fronte alla parete, la ammiro a lungo e sono orgoglioso di essere salito "proprio la' in mezzo"   Le foto parlano da sole ...             (come al solito non ho mie foto recenti in formato digitale; queste sono prese dal web, spero gli autori siano contenti che altri abbiano l'occasione di ammirare le loro foto)

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