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Una grande passione

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Pellegrinaggio

Per ognuno di noi esiste un luogo preferito, dove si ritorna sempre volentieri e ci si sente "a casa". Per me questo luogo e' (non potrebbe essere altrimenti) un monte: il Vioz .   Il Vioz si eleva a sud del gruppo dell'Ortles-Cevedale, proprio in fondo alla Val di Pejo (diramazione secondaria della Val di Sole) e sopra l'abitato di Pejo paese (poco piu' giu' c'e' Pejo fonti, noto per le acque minerali e le fonti idrotermali). La caratteristica di questa montagna e' che nonostante la quota considerevole (3645 m), il sentiero per arrivare in vetta e' completamente esposto a sud ed in estate e' quasi sempre libero da neve. Un grazioso rifugio poco sotto la vetta (Rif. Mantova, 3550 m, da poco completamente ricostruito) rende possibile dividere salita e discesa in due giorni diversi (per chi lo desidera o ... non ce la fa a tornare subito!)   Il sentiero e' facile (senza difficolta' alpinistiche e tratti pericolosi), ma non per questo comodo ... In luglio-agosto si puo' approfittare di una cabinovia+seggiovia per raggiungere i 2300 m del Doss dei Cembri e da li partire per superare il "muro" che in 5,5 km sale di 1345 m (i piu' curiosi possono calcolare la pendenza media ... da panico! ) In altri periodi dell'anno (i miei preferiti ) si deve partire dal paese vecchio di Pejo, 1500 m slm, e il dislivello passa a 2100 m !!   La mia prima volta sul Vioz risale all'estate 1973, durante un campo scout in Trentino; giusto per inquadrare il periodo e il contesto ecco una mia foto durante la salita ... altri tempi (e senza barba!) (l'ho ritagliata dalla foto di gruppo, non vorrei violare la privacy degli altri presenti nella foto)     Alla sera le nubi coprivano la vetta e non c'era molto da vedere. Al mattino dopo, trascorsa la notte al rifugio, alle 5:30 eravamo gia' in vetta e ...     Ancora oggi mi emoziono a guardare questa foto; mi ricorda lo stupore di quel mattino nel vedere quelle fantastiche montagne innevate a portata di mano ... e il desiderio di proseguire oltre ed entrare in quel mondo misterioso e affascinante. Uno di quei momenti che ti cambiano la vita e ti legano per sempre ad una passione ...   Due anni dopo, agosto 1975; con alcuni amici progettammo un folle giro a piedi su e giu' per i monti del Trentino; tra questi il Vioz, con avvicinamento da Male' lungo tutta la Val di Sole e Pejo ... 40 km ... a piedi!! Ora in Val di Sole c'e' una superstrada () e il traffico e' ben piu' intenso, ma allora il vecchio percorso entrava in ogni paesino della valle, con l'immancabile fontana d'acqua freschissima nella piazza centrale e nell'aria fragranza del pane appena sfornato ... In questa foto siamo in alta Val di Pejo e il Vioz e' proprio lì, sullo sfondo ... la nostra meta per il giorno successivo.     Alla terza visita, nel 1977, ho anche realizzato il sogno di proseguire oltre il Vioz toccando in sequenza le cime del Cevedale, Gran Zebru', Ortles e uscendo dall'altra parte, a Solda (ne ho parlato in "Hintergrat").   In seguito sono ritornato molte volte sul Vioz, con molti compagni diversi (quasi mai due volte gli stessi, chissa' perche' ). Molti pagano a caro prezzo le insidie di questo percorso; l'azione combinata di sforzo e quota provocano molto facilmente i sintomi tipici del mal di montagna, in grado di stendere anche baldi giovani che qua in pianura viaggiano a velocita' doppia rispetto alla mia Anche Stefania ha provato l'emozione ... si e' molto divertita, ma le sue ultime parole sull'argomento sono state: "mai piu' !" In queste due foto la mia accompagnatrice preferita, mia figlia Chiara (all'eta' di 9 anni) ...       La maggior parte delle salite e' comunque "solo", un'avventura tutta per me. Spesso la salita al Vioz e' il momento che apre la stagione e mi permette di valutare su un percorso noto e impegnativo il mio stato di forma. Altre volte ci torno quando ho bisogno di stare solo con i miei pensieri e "ricaricarmi"; in questi casi spesso comprimo l'intera escursione in un giorno solo; partenza alle 6 da VR, alle 9 a Pejo, alle 13 in vetta, alle 16 di nuovo a valle ... I tempi e ogni dettaglio (sempre gli stessi orari, colazione sempre nello stesso posto (che strudel!), attrezzatura sempre uguale) sono scanditi come un rito. Salire il Vioz e' per me qualcosa di molto simile a quello che per altri potrebbe essere (ad esempio) camminare verso Santiago de Compostela o qualcosa di analogo ... un "pellegrinaggio"   Queste foto sono piu' recenti (2003) e danno un'idea dell'ambiente.   Salendo, verso ovest il sottogruppo delle 13 cime     Le due punte del Cevedale (ZufallSpitze, cioe' monte a due punte, in tedesco)     Il Palon de la Mare e, sullo sfondo, il versante sud-est del Gran Zebru'.     Io e mio nipote; ok, non ci faccio una gran figura , in dialetto veneto si direbbe che sono un po' "tarusoto" (intraducibile, ma gia' la parola, pronunciata con la "s"sorda alla veneta, rende l'idea) ... comunque e' da tener presente che mio nipote e' alto quasi 1,90 ...     Due zoomate verso valle, giusto per dare un'idea dei dislivelli ... la costruzione nell'ultima foto e' il Doss dei Cembri, 1350 m piu' in basso; Pejo e' ancora altri 800 m piu' giu'.       Ok, allora ecco l'idea ... prossima cena piccante al Rifugio Mantova del Vioz ... i peppers li porto io

PepperAdmin

PepperAdmin

 

Solda 2008 - intermezzo semiserio

Da buon "lupo solitario" credo di avere un certo feeling con gli animali in genere ...   Sui prati intorno a Solda mucche e pecore certo non mancano ...       ... ma la vera attrazione sono gli yak Si, avete letto bene: yak ... quella specie di mucche pelose che vivono sui monti di Tibet e Pamir.   Reinhold Messner ne ha portato a Solda alcuni esemplari da una delle sue innumerevoli spedizioni hymalaiane. Qui, sui prati in altura intorno ai 2500-2800 m, i simpatici animali si sono ambientati bene e si sono riprodotti; ora se ne trovano un discreto numero (non so esattamente quanti), con tre diverse colorazioni del mantello, bianco, scuro e pezzato. In inverno sono ricoverati nelle stalle giu' a Solda e ad ogni inizio estate (maggio) Messner in persona li riporta in altura; un appuntamento a cui sono sempre presenti un gran numero di fans (non e' chiaro se di Messner o degli yak )   Questi esemplari si sono lasciati avvicinare e fotografare tranquillamente ...           Poi ne ho trovato uno, a prima vista piuttosto vecchio, intento a illustrare perche' il suo nome scientifico e' Bos grunniens ... questa e' una delle rare occasioni in cui il mio feeling con gli animali non ha funzionato granche'   www.eureka-sas.it/forum/video/yak.avi   Meno male che era "piuttosto vecchio" e non correva tanto veloce! (more to follow)

PepperAdmin

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Sengia de Mezzodì

Solo un'aggiunta al post precedente; mi e' capitata tra le mani una foto della Sengia de Mezzodì, fotografata un anno dopo dal rifugio Revolto ...     La via inizia dove indicato dalla freccia e sale piu' o meno in verticale. In quel punto la parete e' alta circa 100 m. L'uscita e' proprio al confine tra luce e ombra in alto; il tetto proprio alla fine della via originale, 4-5 metri cubi di roccia, e' gia' caduto

PepperAdmin

PepperAdmin

 

Jumbo Love

Ancora una realizzazione al vertice per Chris Sharma. Il filmato tanto atteso della salita di Jumbo Love e' finalmente online.   http://www.youtube.com/watch?v=ikoJI05WkQ0   Si tratta senz'altro della via di arrampicata sportiva piu' difficile realizzata fino ad ora; un incredibile muro strapiombante che deve aver richiesto un bel numero di tentativi! Quando ho iniziato ad arrampicare, a fine anni 70, si discuteva se il sesto grado fosse davvero il limite delle possibilita' umane o se esistesse un 7° grado ... Altri tempi! La quotazione di questa via e' molto prossima al grado 12 ...

PepperAdmin

PepperAdmin

 

Biographie

Un piacevole intermezzo ...   Realization o Biographie e' una delle vie di arrampicata sportiva piu' difficili; la valutazione e' 9a+ (per quanto ne so c'e' solo una via con valutazione maggiore, Akira 9b non del tutto confermato).   Questo filmato relativo alla salita di Sylvain Millet e' particolarmente interessante e rilassante Un vero peccato non conoscere il francese per poter capire cosa racconta ...   I movimenti rivisti rallentati negli ultimi due minuti del filmato sono veramente "al limite" delle possibilta' umane (attuali)   http://it.youtube.com/watch?v=8T5IVUkhCTo&...feature=related

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Extreme 2

L'arrampicata senza corda comporta evidenti rischi. Qui l'avventura di Dean Potter (nostra vecchia conoscenza) sembra finire proprio male!   http://www.pepperfri...ntagne/fly3.wmv   ... o no? Rivediamo meglio   http://www.pepperfri...ntagne/fly2.wmv   Come si puo' dedurre dal seguito, il buon Dean ha "inventato" un nuovo metodo di arrampicata solitaria; il "free base", misto tra "free climbing" (arrampicata libera) e "base jump" (salto con paracadute da alte pareti rocciose) ... in pratica arrampicata senza corda, ma con un parapendio leggero al posto dello zaino! Funziona! ... purche' le difficolta' elevate siano molto in alto e su parete verticale o strapiombante. Il nuovo metodo consente salite davvero mozzafiato in relativa sicurezza, come si vede alla fine del filmato.   Dean Potter e' un vero collezionista di esperienze estreme. Abbiamo gia' visto un suo filmato su una salita veloce e senza corda sul Nose del Capitan. Un'altra sua specialita' sono le passeggiate sulla corda a grande altezza; anche in questo caso spesso usa un ancoraggio di protezione (un cordino moschettonato alla corda stessa) oppure il parapendio. A volte pero' si fa sul serio ... nessuna protezione!   http://www.pepperfri...ntagne/fly1.wmv   Chissa' che musica sta ascoltando?!

PepperAdmin

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L'evoluzione dell'arrampicata

Nel periodo in cui ho praticato l'arrampicata vera e propria (fine '70-inizio '80) si discuteva se il limite delle capacita' umane fosse il fatidico 6° grado oppure se creare una scala delle difficolta' chiusa fosse stato un errore madornale ... Messner scandalizzava tutti pubblicando un libro intitolato "Settimo grado" ... Qualche decennio dopo e' evidente che la seconda ipotesi era quella giusta. L'arrampicata libera (o sportiva, come si chiama oggi) ha fatto enormi progressi, ora le difficolta' massime si esprimono con numeri a 2 cifre (!).   Anche l'approccio alle grandi pareti e' cambiato. Un film sulla salita in tre giorni della via The Nose su El Capitan (Yosemite, USA) al Festival di Trento del 1977 mi aveva entusiasmato. Ora c'e' chi percorre la stessa via in poco piu' di tre ore (1000 metri verticali) sia pure sfruttando tutte le attrezzature gia' presenti.   Ecco tre interessanti filmati per chiarire per immagini ...   Nel primo, uno dei top-climber del momento sfida le leggi di gravita' sulla via probabilmente piu' difficile ... So che e' difficile per chi non ha mai arrampicato valutare realmente la difficolta', ma provate ad appendervi su una appiglio orizzontale anche di grosse dimensioni e con i piedi appoggiati piu' avanti rispetto alle mani anche solo per pochi secondi ... poi considerate che il filmato dura molti minuti e ... guardate le dimensioni di certi appigli ...   Lo stile "lento" di una altro grande climber sulla stessa via e' forse ancora piu' impressionante   http://www.youtube.com/watch?v=s5Dc_lYnjWE&NR=1   Il terzo filmato e' appunto una "corsa" contro il tempo sul Nose de El Capitan; una prestazione atletica fantastica e una confidenza incredibile con l'ambiente verticale ... in certi passaggi alla fine del filmato c'e' letteralmente un km di vuoto sotto i piedi ... e senza corda!   http://www.youtube.com/watch?v=heIiGX3__Qg

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Addio Bobby

All'inizio di questo blog ho promesso che vi avrei risparmiato articoli e commenti sulla mia grande passione per gli scacchi ... Oggi devo fare un'eccezione.   E' di poche ore fa la notizia della morte di Bobby Fischer, indimenticabile campione mondiale nel periodo 72-75   Chi (come me) si avvicina ai 50 anni o e' ancora piu' maturo ricordera' senz'altro il clamore mediatico suscitato nell'estate 1972 dal suo incontro per il titolo mondiale contro il sovietico Boris Spassky. In piena guerra fredda lo scontro sulle 64 caselle tra due titani di questo sport, il sovietico sostenuto dal regime contro l'americano tutto genio e sregolatezza, polarizzo' l'attenzione dei media per un'intera estate.     Moltissimi ragazzini impararono a giocare a scacchi in quei giorni, io sono uno di quelli. Per tutti noi Fischer e' e sara' sempre un mito, l'eroe solitario e invincibile ...     Con il passare degli anni ho conosciuto meglio il personaggio, certo non facile per le sue enormi contraddizioni, e parte del mito si e' offuscata.   Ho pero' conosciuto piu' a fondo anche il campione; migliorando nel gioco ho potuto apprezzare meglio le sue enormi capacita', la genialita' di molte sue partite ... Alcune sue realizzazioni sono "da brividi" ... penso in particolare, per chi se ne intende di scacchi, alle due immortali partite con D. e R.Byrne e alla fantastica mossa Tf6 contro Benko in un campionato USA ... ecco, per chi lo ha conosciuto basta solo il riferimento ad una mossa per far rivivere il mito dopo quasi 40 anni ...   Per tutte le emozioni che ho provato studiando e ammirando le tue partite ... Grazie, Bobby    

PepperAdmin

PepperAdmin

 

Nel cuore delle Dolomiti

Questa escursione e' doppiamente interessante ... riunisce la salita ad un'altra grande ferrata classica (tra le piu' difficili dei monti pallidi) e un percorso stradale mozzafiato proprio nel cuore delle Dolomiti: Passo Pordoi, Passo Sella, Passo Gardena.   La ferrata "C.Piazzetta" al Piz Boe' e' una delle piu' temute. I primi 100 metri (di dislivello) sono veramente impegnativi; la parte alta e' piu' semplice, ma in molti tratti non attrezzata (roccette di 1° e 2° grado).   Gia' a tarda sera, salendo in auto al passo Pordoi, un momento eccitante ... evitato per un pelo un frontale con un cervo che scorazzava in mezzo alla strada!   L'alba promette bene ...     Il primo sole sulle rocce mentre mi avvicino all'inizio della ferrata       Il tratto piu' impegnativo termina all'altezza del ponte sospeso che si intravede nella spaccatura in alto al centro     Ecco il ponte, niente di particolare (avrei preferito due semplici corde d'acciaio, una per i piedi e una per le mani e la sicurezza ... un po' piu' acrobatico )     Verso la vetta     La Capanna Fassa, proprio in vetta al Piz Boe'. Era ancora molto presto, circa le 10 del mattino ... Nonostante in giro non ci fosse ancora praticamente nessuno, gli inservienti erano indaffaratissimi a preparare i tavoli ecc Non ero mai stato su questo gruppo montuoso e questi preparativi suscitavano qualche perplessita' ...     Non avevo considerato che "dall'altra parte" una cabinovia scarica in quota una marea di gente! Mentre scendevo tutto mi e' diventato piu' chiaro Il facile sentiero che raggiunge la vetta del Piz Boe' sembrava un vero formicaio (ero semplicemente arrivato in vetta troppo presto)     Il passo Pordoi dalla vetta     L'altopiano del Sella, un paesaggio un po' lunare     Il rientro; una vista d'insieme del versante sud del Piz Boe'     Conclusa l'escursione, di solito inizia la parte piu' noiosa, il rientro in auto ... ma non in questo caso! Percorrere la strada che dal passo Pordoi tocca il P.Sella e il P.Gardena e' un'emozione e puo' richiedere un tempo lunghissimo ... ad ogni curva si presenta un nuovo scorcio da cartolina ed e' fortissima la tentazione di fermarsi e scattare nuove foto. Un vero spettacolo!   Alcuni scorci del gruppo del Sella           Il Sassolungo     La Marmolada     Lo spazio per gli allegati e' esaurito, come (forse) la pazienza di chi legge ... Peccato non poter pubblicare tutte le foto che ho scattato quel giorno e peccato (soprattutto) che io non sia in grado di fare delle foto veramente degne di queste fantastiche montagne .

PepperAdmin

PepperAdmin

 

Grandi alpinisti

La letteratura di montagna e' piena zeppa di racconti di avventure epiche, comportamenti eroici e grandi imprese ... A volte pero' la realta' e' molto meno nobile e, in certi casi, sfiora la farsa .   Questo e' il racconto (senza foto) di una mia "avventura" tragicomica che risale all'ormai remoto 23 novembre 1980 (ricordo bene la data perche' quel giorno si e' verificato il terremoto in Irpinia). E' una di quelle storie che si raccontano con piacere ogni volta che ci si ritrova con i vecchi amici, magari arricchendola ogni volta di nuovi dettagli .   Domenica mattino; nonostante l'autunno inoltrato, e' una giornata splendida, l'ideale per una escursione in montagna. Contatto al telefono tre amici della Val d'Illasi (con qualche difficolta', per quanto possa sembrare strano ai piu' giovani, ancora non esistevano i cellulari e pochi avevano il telefono in casa) ... "Che facciamo? Un bel giro sul Carega? (la montagna "di casa") Ok, passo tra poco ..."   Alle 9 siamo tutti e quattro al rifugio Revolto: A****a, F******o, G***o ed io. Ho portato il materiale da arrampicata; scarpette, imbragatura, una corda, martello e qualche chiodo ... magari ci inventiamo qualcosa ... Anche gli altri hanno scarpette/scarponi e imbragatura. L'occhio si posa sulla Sengia de Mezzodi', una parete di roccia (apparentemente) solida alta 100 m e larga circa il doppio, che si erge dall'altra parte della valle, alla base del M. Plische, proprio di fronte al rifugio ... Perche' no? E' ben noto che la roccia nel versante veronese del Carega e' davvero pessima ("marcia", come si dice), ma quella parete vista da lontano sembra abbastanza solida ()   Per la serie "Le ultime parole famose", G. dice "Va bene, proviamoci, ma in fretta che' alle 2 ho un appuntamento" (morosa?).   In breve siamo alla base della parete. Abbiamo una sola corda, un piccolo problema; il primo che sale dovra' recuperare il secondo, poi lanciare il capo della corda al terzo, farlo salire e ripetere l'operazione con il quarto ... laborioso, ma vabbe' ... Lasciamo gli zaini (li prendiamo al ritorno) e partiamo.   Il primo "tiro", circa 30 metri fino ad un buon punto di sosta, si presenta abbastanza semplice e solido. A. sale tranquillo, attrezzando con chiodi nei punti piu' difficili. In un'oretta siamo tutti alla prima sosta (e sono circa le 11).   Il secondo tiro, altri 30 metri, e' decisamente piu' complicato e la roccia non e' piu' tanto buona. F. e' impegnato per una mezz'ora ed e' ormai mezzogiorno quando siamo tutti insieme alla seconda sosta, un misero gradino che a malapena puo' contenerci tutti, stretti come sardine.   G. prova a partire per il tratto successivo, ma dopo solo 3-4 metri c'e' un punto molto difficile e, dopo alcuni brutti momenti, decide di rinunciare. Tutti mi guardano, sono l'unico che ancora non ha "tirato" (cioe' che non e' salito da "primo di cordata") e chiaramente tocca a me Supero il primo passaggio difficile, ma piu' su e' ancora peggio ... pian piano salgo, metto qualche chiodo malsicuro mentre la qualita' della roccia diventa sempre peggiore ... Dopo una ventina di metri sono praticamente in trappola; la roccia e' completamente marcia, al punto che non c'e' proprio da far affidamento sui miseri chiodi che riesco a piantare per scendere ... devo salire per forza. Procedo, metro dopo metro, con una lentezza esasperante ... Scarico una valanga di sassi verso il basso; all'inizio non e' un problema perche' sono spostato a sinistra rispetto alla sosta, ma poi rientro un po' a destra e i malcapitati compagni sono proprio sotto tiro; ogni due minuti devono appiattirsi contro la roccia, sotto una minima sporgenza cercando di non farsi colpire da qualche pietra.   Alle 2 G. inizia a lamentarsi (la morosa ...), ma la faccenda e' davvero complicata. All'epoca ancora si discuteva se il 6° grado fosse il limite delle possibilita' umane o se esistesse un 7° (ora le maggiori difficolta' sono quotate con numeri a due cifre!); quel giorno non avevo dubbi sul fatto che il 7° esistesse ... c'ero proprio in mezzo!!   Ricordo ancora benissimo gli ultimi metri prima dell'uscita. Un piccolo tetto da attraversare verso destra sfruttando la fessurina sul fondo, stretta e bagnata (mi vengono ancora i brividi pensando che solo un paio d'anni dopo quel tetto, un blocco di 4-5 metri cubi, e' caduto), poi un muro di 4 metri da salire in verticale; roccia (?) hummm ... praticamente ghiaia. Solo quattro metri piu' su solidi rami di pino mugo sporgenti sul bordo della parete, poi il bosco ... a tre metri d'altezza, poco fuori dalla mia portata, un esile rametto di salice, spuntato li chissa' come ?! Una lunghissima serie di tentativi e rinunce; impossibile! A questo punto i miei ricordi sono un po' confusi; non so bene come, ma con un "lancio" arrivo al rametto, confidando nella forza delle sue radici (o la va o ...) e poi un altro "lancio" fino a prendere un solido ramo di mugo e ... uffff fuori, finalmente!   Nel frattempo sono passate molte ore, sono le 4 del pomeriggio. Un'altra ora se ne va mentre A. sale sbuffando e ripetendo continuamente "Ma come c***o hai fatto? Porc* put****!" Quando anche lui, stravolto, e' nel bosco, sono le 5 ed e' ormai buio (ricordate che e' il 23 novembre).   F. ama sempre ricordare che e' rimasto sul terrazzino della seconda sosta da mezzogiorno fino a sera e che nel frattempo ha visto sulla strada Revolto-Passo Pertica, dall'altro lato della valle, le stesse persone salire e anche ... ritornare!   Dopo una battuta emblematica del nostro stato d'animo ("Beh, il 50% del gruppo e' in salvo") ci rendiamo conto con orrore che abbiamo un piccolo problema . I nostri amici sono 40 metri piu' giu', leggermente spostati in diagonale, e al buio non e' proprio facile lanciargli la corda. Per di piu' i rami di pini mughi sul bordo della parete sono un ostacolo quasi insormontabile; infatti nei primi due tentativi la corda si impiglia sui rami e dobbiamo tirare con tutte le nostre forze per liberarla. In successivi tentativi riusciamo a schivare i mughi, ma la corda arriva sempre troppo lontano dal terrazzino.   Ok, non c'e' altro modo che scendere lungo la corda (fortunatamente abbiamo un discensore), pendolare fino al terrazzino e poi da lì risalire uno alla volta lungo la corda (con nodi autobloccanti). Tiriamo a sorte e naturalmente perdo (che giornata di m**** ); scendo, mentre la corda smuove sassi che mi fischiano attorno nel buio ... Tra discesa (mia) e risalita (di tutti, ultimo F.) passano ancora altre lunghe ore; solo alle 8 di sera siamo tutti nel bosco sopra la parete.   Bene!   Uno chiede "Da che parte si scende?" Ops ... nessuno ha guardato ...   Prendiamo "a naso" verso destra in mezzo ai mughi (e chi ha provato sa cosa vuol dire), costeggiamo la parete fino a trovare un canalone e iniziamo a scendere. Quando termina con un salto roccioso, risaliamo e proviamo il successivo ... Il terzo e' quello buono e, pur con qualche difficolta' (sempre al buio), arriva fino alla base della parete.   Poi, sempre in mezzo ai mughi, dobbiamo tornare indietro sotto la parete per recuperare gli zaini. Alle 10 di sera (notte) abbiamo di nuovo i nostri zaini e ormai solo un facile ghiaione ci separa dal sentiero che riporta a Revolto. G. ha smesso da un pezzo di lamentarsi per l'appuntamento mancato   Ora viene la parte piu' bella . Dovete sapere che, per vari motivi, A. e F. non avevano mai fatto sapere in famiglia che andavano ad arrampicare; al massimo semplici escursioni, ma niente a che vedere con quei "mati che rampéga su par le roce" (erano decisamente altri tempi).   Alle 10 di sera pero' sul Carega non c'e' in giro proprio piu' nessuno e i genitori dei miei amici erano chiaramente preoccupati per il mancato rientro, al punto da decidere di venire a cercarci ... (mia mamma non si era invece preoccupata, per fortuna, pensando che mi fossi fermato in compagnia a casa loro).   Proprio mentre raccogliamo gli zaini, i fari di un paio d'auto risalgono i tornanti della strada tra Giazza e Revolto; e quando, sceso il ghiaione e preso il sentiero, siamo ormai a poche centinaia di metri dal rifugio, le auto arrivano al parcheggio di Revolto e i genitori in ansia iniziano a chiamarci: "A****aaaaa! F******ooooo! G***ooooo!" Che fare? Rispondiamo "Siamo quiiiiiii". Il dialogo che segue e' surreale (immaginatelo nel buio, nel silenzio dei boschi e dei monti, urlato (in dialetto) tra due gruppi di persone a qualche centinaio di metri di distanza) ... "Qui doveeeee?" (chi 'ndoe' ?) "Nel boscooooo" "Ma cosa fate liiiiiii?" (ma sa fasìo lì?) "Arriviamooooooo" ('rivemo) "Si, ma perche' siete ancora liiiiii?" (si, ma parchè sio 'ncora lì?)   Ehm, con la prossima risposta ci siamo sputtanati agli occhi di quei genitori per tutto il resto della nostra vita ... ma era l'unica risposta plausibile per non dover dare troppe spiegazioni   "Ci siamo ... PEEERSIIIIII" (semo persi)   Vi lascio immaginare le sarcastiche battute quando finalmente arriviamo al parcheggio del rifugio (ci hanno accompagnato per anni!).   Dulcis in fundo ... I genitori di F. gestiscono un negozio; il mattino dopo, mentre F. bazzica lì intorno, un cliente dice (in dialetto) "Ieri sono stato sul Carega, bella giornata; c'erano 4 matti sulla roccia davanti a Revolto che arrampicavano" E il papa' di F. "Proprio matti! Mio figlio non farebbe mai cose del genere! Pensa che anche lui ieri e' stato sul Carega, ma e' riuscito a perdersi sul sentiero!"   Grandi alpinisti

PepperAdmin

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Ancora Civetta!

Ormai la stagione in Dolomiti sembrava conclusa ... ma le previsioni meteo favorevoli e una domenica libera tra una cena piccante e una visita in campo () mi hanno concesso ancora una splendida escursione ...   Meta la ferrata Tissi sul Civetta. Il (la?) Civetta e' un montagna che incute sempre timore e richiede rispetto ... non ci sono percorsi facili per la cima, anche la via "normale" e' attrezzata e per nulla banale. Un paio d'anni fa ho salito (e sceso) la ferrata degli Alleghesi sul versante nord est (c'e' un post sul blog). La Tissi risale invece il versante sud.   Sono possibili due accessi all'attacco della ferrata, entrambi molto lunghi e faticosi. La ferrata vera e propria non e' molto difficile, ma e' ugualmente considerata tra le piu' impegnative delle Dolomiti per l'ambiente severo, la lunghezza del percorso, la discesa complicata ...   In questi ultimi mesi ho un po' trascurato l'allenamento (sono sempre in giro per i peppers! ) e l'effetto si vede ... Ho faticato piu' del dovuto sulla lunghissima salita iniziale, ma i tempi di percorrenza sono comunque buoni ... unico piccolo neo: oggi sono un po' "rigido" nei movimenti a causa dell'accumulo di acido lattico nei muscoli e delle microlesioni muscolari da sforzo ... vabbe', poi passa   Lasciamo la parola alle immagini ...   Dopo il consueto viaggio a tarda sera di sabato verso la Val Zoldana (deserta!) e la bella dormita in auto (con tutte le comodita', eh ... materasso e caffe' caldo nel thermos!), la giornata si preannuncia splendida ... ... anche se all'ombra fa ancora un freddo cane (4°C alle 8 del mattino ) La Cima Tome' (3004 m) nasconde la vista della cima principale (3220 m)     La salita inizia presso la malga Grava (1600 m), una bella azienda che alleva circa 50 mucche e 150 capre. Il percorso risale alla Forcella della Grava (a destra della foto) e da li si inerpica diritto verso la (lontanissima) Forcella della Sasse (ben visibile a sinistra, un nome che e' tutto un programma)   La salita verso la forcella e' interminabile, quasi 1000 m di dislivello su terreno in molti tratti sassoso/ghiaioso (doppia fatica)       Guardando il tratto gia' percorso ...     L'arrivo alla Forcella delle Sasse (uff!)     Dall'altro lato, il Van delle Sasse, un paesaggio lunare     La traccia di sentiero si mantiene in quota, sotto le pareti di destra del circolo del Van delle Sasse       Finalmente, l'inizio della ferrata ... sono visibili i primi metri di cavo (a destra).     Una bella rampa ... la roccia e' ovunque solidissima, un vero piacere posarci mani e piedi     Momenti verticali       Guardando in basso ...     ... il Van delle Sasse illuminato dal sole, uno spicchio di luna in mezzo alle Dolomiti.     Il lato sinistro (idrografico) del Van; si intuisce dov'e' la Forcella da cui sono arrivato.     C'e' un motivo se il Civetta e' un paradiso dell'arrampicata!     Alla fine della ferrata, un piccolo nevaio     Poco sotto la cima, a 3000 m di quota, c'e' il piccolo rifugio Torrani (in questo periodo e' aperto, ma non custodito)     Di fronte, vicinissimo, il Pelmo ... alle sue spalle, a sinistra, il Sorapiss ...     La' in fondo, a est, la Val Zoldana Si vedono due ragazzi che iniziano la discesa; sono tra i pochi che ho incontrato in tutta la giornata (6 persone in tutto)     Non sono salito fino in vetta (200 m di dislivello, mezz'ora di percorso); c'ero gia' stato salendo la Alleghesi e ho preferito starmene spaparanzato al sole ... Che differenza con le temperature mattutine! A 3000 m sono rimasto un'ora fermo in canottiera!     Chi ha letto il mio racconto sulla salita della ferrata degli Alleghesi, ricordera' il corvo tanto interessato al mio panino (proprio in vetta) ... e' ancora qui!   Non so se e' proprio lui (naturalmente), ma ci sono 5-6 corvi che stazionano perennemente nei dintorni della cima e del rifugio (impiegano pochi secondi per salire alla cima, la' dove noi miseri umani fatichiamo per mezz'ora ) Per richiamarli basta frugare un po' nella borsa di plastica dei viveri Per un tozzo di pane sono disposti ad avvicinarsi a meno di un metro!     La discesa e' parzialmente attrezzata; occorre prestare molta attenzione a non perdere la sequenza di segni rossi che indicano la sottile linea di discesa proprio nel mezzo di una parete immensa     Impegnative onde di pietra A sinistra si vedono altri due escursionisti (mi piace la solitudine in montagna, ma tutto sommato e' sempre piacevole incontrare qualcuno ... solo qualcuno, pero' )     Quasi alla fine ... dove saranno i segni rossi? Per uno un po' "ciecato" come me, a volte e' proprio dura     Di fronte, il Pelmo in pieno sole (non ci sono mai salito, ma ... l'anno prossimo ... )     Una vista d'insieme della parete est; la discesa si svolge sotto la linea illuminata dal sole, poi piega a sinistra (della foto) fino alle macchie di neve in basso.     Dopo tanta pietra, e' piacevole rientrare nel verde del bosco     Arrivato! Ancora uno sguardo al percorso ... un'altra bella escursione da archiviare tra i tanti bei ricordi     Poi via verso casa ... ma per strada mi e' venuta un'idea per completare in modo proficuo la splendida giornata ... argomento del prossimo topic

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Fiamme gialle

La ferrata "Fiamme gialle" raggiunge la vetta della Palazza Alta sul Monte Pelsa (2255 m). E' una ferrata abbastanza recente (1981) e ancora poco conosciuta, piuttosto impegnativa per difficolta' e lunghezza (in particolare il ritorno). Pur sviluppandosi ad una quota relativamente bassa ha tutte le caratteristiche delle grandi ferrate dolomitiche; ambiente severo e selvaggio, esposizione, difficolta' e ... viste mozzafiato.   La Palazza Alta di eleva sul settore destro della imponente muraglia occidentale del Monte Pelsa.       La parete e' complessivamente piuttosto inclinata e non opprimente, nonostante sia in ombra per tutta la mattinata.     Solo all'avvicinarsi della cima si e' raggiunti dal primo sole. Nelle foto si intuiscono altri due escursionisti, gli unici che ho incontrato in tutta la giornata.       Dalla vetta la vista spazia a 360°.     Alle spalle c'e' la mole imponente del Civetta e la Moiazza (v. l'articolo sulla ferrata Costantini).     Verso ovest si domina la Val Cordevole e il paese di Cencenighe Agordino ... sembra proprio che basti fare un passo per tuffarsi nel lago ...     La vetta in realta' ... non c'e'; il versante est e' un immenso pianoro erboso che digrada dolcemente verso valle. Il silenzio e' irreale, un posto perfetto per un'oretta di completo relax spaparanzato al sole.     Peccato che l'erba invitante nasconda anche qualche insidia; solo al ritorno a casa, tutto insaponato in doccia, ho scoperto di aver "raccolto" un ospite indesiderato, una piccola zecca dei boschi (Ixodes ricinus); l'incontro ravvicinato mi ha provocato una certa apprensione perche' il bellunese e' una delle aree critiche per la presenza di zecche "infette" e il morso di questi aracnidi puo' provocare un bel po' di problemi, malattie da batteri (Tularemia, Malattia di Lyme, Rickettsiosi, Febbre Q) e da virus (encefaliti, febbri emorragiche). Solo dopo 40 giorni senza sintomi ho potuto tirare un bel sospiro di sollievo.   La prima parte della discesa e' immersa nel verde ...     ... poi ci si avvicina alle torri del Civetta         Dopo aver aggirato verso nord l'intero crinale del Pelsa si imbocca il ripido canalone per la discesa, un lungo percorso che mette a dura prova le gambe ormai stanche.     Infine si entra nel bosco, ormai vicini al punto di partenza ... Peccato non poter approfittare di questo idilliaco "chalet" per una pausa ... la panchina proprio di fronte alla capanna era gia' occupata da un altro escursionista che ... ronfava beatamente  

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Solda 2008

Non e' facile raccontare Solda e le mie brevi vacanze con poche parole e immagini ...     Il paese   Prima di tutto, a Solda non si arriva per caso; gli abitanti del posto e i frequentatori abituali (tra cui un certo R.Messner ) amano definirla "la fine del mondo". L'incantevole paese e' situato al termine di una valle laterale rispetto alla strada che porta al passo dello Stelvio (versante altoatesino); a 1900 m di quota la valle si apre in una ampia conca dove un numero limitato di case e hotels si armonizzano perfettamente con il verde dei prati e boschi. Tutt'intorno una corona incredibile di vette che sfiorano i 4000: Ortles, Zebru, Gran Zebru a ovest; Cevedale (e Vioz) a sud; Vertana, Angelo grande, Croda di Cengles a est. Una sola strada per entrare e uscire, niente traffico "di passaggio", solo silenzio e pace ...   Una vista del "centro" (a sinistra uno dei tre impianti di risalita, unico neo che disturba un po' l'armonia della conca)     La conca vista dall'alto (dalla ferrata Tabaretta)     La corona di monti a ovest e sud (dalla cima della Croda di Cengles)     L'hotel Zebru'; l'abbiamo scelto (gia' tanti anni fa) perche', oltre alla qualita' dei servizi, e' al termine di una stradina laterale nella conca, piu' in alto di tutti gli altri ... alla fine della fine del mondo     Non capita tutti i giorni una vista simile direttamente dalla camera!     Il mio sguardo corre sempre a cercare "lei", la mitica parete nord del Gran Zebru' ... si rivela a poco a poco entrando nella valle e solo salendo in quota sul versante est e' possibile ammirarla tutta. Non e' facile trovare nelle Alpi un'altra vetta di pari bellezza e fascino; oserei dire che solo il Cervino le e' superiore ... Come ho raccontato in un precedente capitolo, l'ho salita nel 1984, proprio sotto la verticale della vetta; un altro periodo della mia vita e un'esperienza che ora non sarei in grado di ripetere       I rifugi   Tutto intorno alla conca splendidi boschi si spingono fino ad una quota di circa 2500 m, dove cedono spazio ad ampie praterie e ad un ambiente tipicamente alpino. Qui si trovano vari rifugi, alcuni molto antichi   Rif. del Coston (Hintergrathutte), ai piedi dell'Hintergrat, la cresta est dell'Ortles.     rif. Serristori (Dusseldorferhutte), sul versante est della valle       La natura   E' possibile camminare per ore in meravigliosi boschi di larici, abeti rossi e pini cembri     Ovunque fiori ...       ... e funghi       @Alb: se non erro la prima foto ritrae un'Amanita muscaria, la seconda (forse) una delle Amanite potenzialmente mortali (Phalloides?) ... ma i miei ricordi di micofilo sono molto sbiaditi.   Anche orti e giardini sono ben curati; c'e' chi riesce a coltivare ortaggi nonostante l'alta quota (chissa se riuscirebbe con i peppers?!)       La gastronomia   Perfetta la cucina dell'hotel che ogni sera ci ha regalato delizie e restituito le forze (immancabile, naturalmente, una piccola correzione piccante, sotto lo sguardo incuriosito e divertito delle cameriere)   Ho assaggiato lo strudel di tutti i rifugi La palma del migliore spetta sempre a quello del rif. Serristori ... sublime :P Nella foto, spuntino alla Malga dei Vitelli       La ferrata Tabaretta   Salire questa nuova e difficile ferrata era il mio obiettivo principale. La via e' stata costruita solo un paio di anni fa e, a detta delle guide alpine di Solda, e' la piu' difficile in Europa; supera la fascia rocciosa alta 500 m che separa il rif. Tabaretta (nel triangolo verde a destra nella foto, purtroppo il blog taglia un pezzettino delle immagini 800x600) dal rif. Payer, appena sotto il versante nord dell'Ortles.     Devo confessare che mentre salivo verso l'attacco ero piuttosto nervoso e indeciso, anche perche' negli ultimi mesi non ho fatto "i compiti a casa" e, mentre fiato e gambe sono a posto, ho trascurato quasi completamente l'allenamento per la forza nelle braccia. Appena ho messo mano sul cavo d'acciaio pero' ogni timore e' sparito e ho ritrovato concentrazione e determinazione. A salita completata non posso che confermare il giudizio delle guide; questa ferrata e' veramente piccante! Ci sono numerosi passaggi impegnativi che conducono in un crescendo fino al passaggio chiave a meta' via, una diagonale verso destra su parete leggermente strapiombante, scarsissimi appoggi per i piedi e solo la corda d'acciaio come aiuto (in tutta la ferrata oltre al cavo non c'e' alcun appoggio artificiale, staffa o gradino).       La parte superiore e' piu' abbordabile, con un solo passaggio piuttosto difficile, ma la fatica si fa sentire e la quota certo non aiuta; la ferrata si chiude a oltre 3000 m, a pochi passi dal Rif. Payer.     La parete nord dell'Ortles   No, quella non l'ho salita! In questo periodo c'e' pochissima neve e la via e' molto pericolosa ...     Ai piedi della parete su un masso sono infisse molte lapidi a ricordo di (una parte di) quanti sono caduti su questa temibile via ... un momento di riflessione e' d'obbligo ...       La ferrata alla Croda di Cengles   Archiviata la Tabaretta, dopo un meritato giorno di riposo (= passeggiata rigorosamente al ritmo di Stefania), ho salito anche questa via. Il percorso e' piuttosto facile, ma abbastanza lungo ed esposto.       La vista dalla vetta della Croda di Cengles (3375 m) e' incredibile e merita lo sforzo per raggiungerla! Lo sguardo spazia a 360 gradi ...   La Val Venosta (in fondo si vede il laghetto di Resia, famoso per il campanile che spunta dall'acqua)     Cime Vertana e Angelo grande     Le vette minori a nord dell'Ortles, verso il passo dello Stelvio.     Anche la foto di Ortles, Gran Zebru' e Cevedale all'inizio del testo e' scattata da questa vetta.     Spazio per le foto e tempo per scrivere sono ormai esauriti, ma ho ancora qualcosa da raccontare ... alla prossima puntata (con una simpatica sorpresa finale).

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Vajont

Ogni volta che scendo dalla Val Zoldana o da Belluno salgo verso il Cadore, passo da Longarone e lo sguardo corre inevitabilmente alla celebre e tragica diga che chiude una profonda gola sul lato sinistro (idrografico) della valle.   Ogni volta mi riprometto di fare una deviazione e visitare quei luoghi piu' da vicino ... domenica scorsa, al ritorno dall'escursione sul Civetta, c'era tutto il tempo e ho colto l'occasione.   Confesso che mi immaginavo una visita solitaria e silenziosa, quasi un pellegrinaggio, ma mi sbagliavo ... I luoghi sono meta costante di frotte di turisti, con tanto di parcheggi a pagamento e l'immancabile camioncino che vende panini e bibite! ... ma ne valeva comunque la pena.   Non sto a riassumere tutta la storia; si trova ampia documentazione online e per chi ha voglia di riviverla emozionandosi raccomando il fantastico "racconto" di Paolini; si trova in giro la videocassetta, 3 ore di monologo senza respiro (!) http://www.jolefilm.it/files/index.cfm?id_rst=19   Un solo dato e' sufficiente a rendere l'idea di quel che e' successo lassu' nell'ormai lontano 9 ottobre 1963. Dal monte Toc (=marcio in dialetto friulano!) si e' staccata un po' di terra ed e' precipitata nell'invaso artificiale della diga ... 270 milioni di metri cubi! Non fa molta impressione, detto così ... ma e' un cubo di 650 metri di lato   Quel che resta e' una diga (ancora perfettamente integra) con dentro, al posto dell'acqua, una montagna di terra e sassi, ormai coperta di vegetazione e alberi d'alto fusto ... ... e un monte senza un fianco ... ... e 2000 morti che nessuno puo' dimenticare, perche' ogni giorno, ogni momento la diga e lo squarcio sul Toc sono la' a riportarli alla memoria.   Qualche immagine ...   La parte superiore della diga vista dal lato a valle; un capolavoro di ingegneria, peccato ... nel posto sbagliato!       Alcuni dati tecnici     Viste dell'interno dell' "invaso"; il mucchio di terra e' piu' alto della diga e si estende lungo la valle per quasi 2 km         La vegetazione in molti punti conta gia' piante d'alto fusto, ma pian piano sta colonizzando anche gli ultimi residui di nuda terra     Il lato interno della diga visto da "sotto" ...     ... e di fronte     Lo squarcio sul Toc; e' lungo circa 2 km     Il laghetto residuo, km a monte della diga, proprio sotto il paese di Erto.     Il paese di Casso, 100 m piu' in alto della diga ... ma acqua e fango hanno superato in un attimo la barriera rocciosa!       Caspita, che toni drammatici ho usato E' il caso di chiudere con qualcosa di piu' leggero   Sulla parete rocciosa sotto il paese di Casso c'e' una bella palestra di roccia; peccato sia a pochi metri dalla strada, dove in corrispondenza della diga c'e' un senso unico alternato regolato da un semaforo e ci sono quindi sempre lunghe code di auto ma i "climber" sono adattabili e sopportano bene rumore e puzza ... ben altra cosa degli alpinisti       Infine una nota sempre divertente, anche se ormai scontata parlando dei due piccoli paesi della valle; insieme costituiscono un unico comune che viene sempre rigorosamente denominato "Erto Casso" e mai viceversa ... chissa' perche' (ricordate che in dialetto veneto e friulano la "zeta" non esiste ed e' sostituita dalla "s" sorda, come in "sasso" )  

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du is mei che uan

... due (ferrate in un giorno) sono meglio di una.   Verso fine agosto Stefania e io ci siamo presi una giornata di ferie e siamo partiti per la Val Gardena; meta la ferrata Tridentina sul gruppo del Sella, una tra le piu' famose e frequentate delle Dolomiti, complici l'avvicinamento brevissimo e la relativa facilita'.   Prima o poi dovevo farla ... e allora via, rassegnato a qualche "coda". In effetti ho trovato parecchia gente, ma tutto sommato meno del previsto. Alla fine l'escursione e' risultata molto piacevole e tutto si e' risolto in breve tempo (circa 3 ore tra salita e discesa).   Poi abbiamo visitato con calma il grazioso paese di Colfosco e piu' giu', verso la Val Badia, Corvara. Una giornata rilassante!   Ecco qualche foto:   La ferrata, dopo un facile tratto iniziale e qualche centinaio di metri di semplice sentiero, risale un'ampia conca rocciosa.     Proprio all'attacco della seconda parte della ferrata, una bella cascata       Verso valle, il paese di Colfosco.     Tutto intorno alte pareti     Nella parte terminale, dopo un tratto quasi piano, la ferrata supera una bella torre verticale; e' il tratto piu' impegnativo (evitabile)     Le Dolomiti richiamano appassionati da tutta Europa; questo bel sorriso arriva dalla Polonia     Il famoso ponte a fine ferrata; continuo a pensare che questi ponti dovrebbero essere piu' "avventurosi"; due cavi, uno per le mani e uno per i piedi ... magari anche uno solo, a scelta     Il rifugio Cavazza al Pisciadu', sul pianoro sommitale.     La discesa si svolge su un ripidissimo canalone, in parte attrezzato. Complimenti al ragazzo (20 anni?) che, una volta sorpassato, e' riuscito a scendere dietro di me senza mai perdere terreno ... in un terzo del tempo indicato dalle guide per questo tratto del percorso ... (Im)modestia a parte, non succede spesso!     Corvara sovrastata dal Sassongher; dopo una bella giornata, il tempo sta cambiando ... ma ormai abbiamo avuto quel che volevamo ...     ---   Nel tardo pomeriggio rientro lungo l'autostrada del Brennero e sosta a Mori (Trento) per passare qualche ora con nostra figlia Chiara che temporaneamente abita lì per uno stage universitario.   Proprio sopra l'abitato di Mori, sul Monte Albano, c'e' una celebre e difficile ferrata; nonostante l'elevata difficolta' e' sempre molto affollata, per la vicinanza al lago di Garda e alle grandi vie di comunicazione, la facilita' di accesso e rientro. Ho percorso la ferrata piu' volte, anche con mio nipote e mia figlia, sempre con tanta pazienza e lunghe attese prima dei passaggi piu' duri.   Mentre scendevamo in autostrada verso Rovereto sud, un'idea pazza si insinuava sempre piu' insistentemente nei miei pensieri. Hummm, a quest'ora salire la ferrata di Mori dev'essere proprio bello, non ci sara' nessuno! Alla fine, salutata Chiara e fatto un rapido calcolo dei tempi, ho deciso ... sono salito rapidamente all'attacco della ferrata e ... via!   Un campanile vicino (forse dal Santuario alla base della parete) suonava le 18 mentre arrancavo sul ripido sentiero che sale sopra le ultime case dell'abitato ... e suonava le 19 mentre ero a pochi metri dal piccolo pulpito che accoglie a fine ferrata.   Perfetta solitudine! Peccato solo per il rumore del traffico del fondovalle ... quello no, non lo si puo' eliminare (forse ... di notte? ).   La ferrata e' sempre divertente, pur con tutti i suoi limiti (roccia unta (liscia per i troppi passaggi) e troppo ferro), ma percorsa in questo modo, senza soste forzate e intralci, "senza respiro", e' davvero un'altra cosa   Molte belle foto della ferrata di Mori sono visibili qui: http://www.vieferrate.it/ferratamori.htm   Alle 19:30 rientro in paese, giusto in tempo per la meritata pizza con Chiara e Stefania   ... du is mei che uan

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Cobra crack

Mi ha sempre affascinato la dedizione totale ad un problema complesso ...   Ricordo ancora con piacere quando alle superiori per un intero mese dedicai gran parte del tempo libero a cercare di risolvere un diabolico studio scacchistico, un vero rompicapo; ora si puo' trovare la soluzione online in pochi secondi, ma all'epoca Internet non c'era ancora ... (per i piu' curiosi con un po' di nozioni scacchistiche, lo studio era la celebre composizione dei f.lli Sarychev: B. Rd7 c7 N. Rf3 Ah7 b7; il Bianco muove e patta) L'emozione quando alla fine la soluzione di materializzo' davanti ai miei occhi non ha prezzo.   Allo stesso modo ho letto tutto d'un fiato il resoconto del lunghissimo processo che ha portato Andrew Wiles a dimostrare l'ultimo teorema di Fermat ... affascinante (anche se non ho capito proprio tutto, lo confesso).   Nell'arrampicata un problema e' spesso una via di pochi metri che resiste ad ogni tentativo. Caduta dopo caduta, i movimenti diventano sempre piu' perfetti fino al momento magico in cui tutto funziona alla perfezione e si e' oltre.   Ho provato varie volte questa esperienza (nei limiti delle mie capacita', naturalmente). Un tempo mi allenavo sul muro esterno del (non ridete ) camposanto del mio paese, una struttura in blocchi di pietra lunga 20 m e alta 4 m perfetta per lo scopo. Riuscivo a salire in verticale piu' o meno dappertutto e a percorrere il muro in orizzontale anche 20 volte senza mai toccare terra, ma lo "spigolo" al limite destro resistette per mesi ad ogni tentativo. Per lunghissimo tempo non riuscii nemmeno ad alzare da terra entrambi i piedi; poi a poco a poco ogni singola asperita' di quei 4 metri mi divenne familiare e alla fine un giorno riuscii a passare la' dove sembrava impossibile.   L'autunno scorso ho visto il film "First Ascent" (con mia figlia Chiara) e mi e' piaciuta molto la storia dei tentativi (tutti falliti) di Didier Berthod sulla "Cobra crack" (fessura Cobra). In seguito un altro specialista, Sonnie Trotter, e' riuscito a salire quella via, dopo un numero infinito di tentativi.   Ecco i due filmati (il secondo e' un po' lungo, per chi e' impaziente la salita vera e propria inizia al minuto 7:00) http://it.youtube.com/watch?v=rXD4Xlm2U8k&...feature=related http://it.youtube.com/watch?v=McHosr_98r0&NR=1   Per capire bene quel che succede sono opportune alcune precisazioni. L'arrampicata varia molto a seconda del tipo di roccia. La dolomia (tipica delle nostre Dolomiti) offre spesso piccole tacche nette per dita e punte dei piedi; l'arrampicata richiede equilibrio e buona capacita' di leggere la roccia. Il calcare presenta spesso buchetti scavati dall'acqua perfetti per le dita (a volte per un solo dito). Granito e basalto tipicamente sono caratterizzati da lastre liscie solcate da fessure; se le fessure sono abbastanza larghe da poter infilare la mano e la punta del piede, la progressione e' piuttosto semplice e rapida (a patto di conoscere bene la tecnica); un ottimo esempio e' nel topic "Catherine". Se pero' la fessura e' "stretta" iniziano i guai; e' il caso delle fessura Cobra, protagonista dei filmati. Come si puo' vedere Didier usa piu' volte un incastro di un solo dito! Curioso che Sonnie invece ricorra a movimenti diversi. Altro dettaglio degno di nota; la progressione in fessura consente anche di piazzare le protezioni (dadi ad incastro) direttamente durante la salita. L'ascensione effettuata in questo modo e' piu' "completa" ed elegante, ma il tempo necessario per proteggersi sottrae preziose energie. D'altra parte su calcare e dolomia o altre rocce compatte e non fessurate questa tecnica e' spesso impossibile e sulle vie estreme si ricorre ai chiodi a pressione (spit) piazzati preventivamente con l'ausilio di un trapano.

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Ferrate e peperoncino ...

Anche gli iscritti ai forum sulle ferrate organizzano incontri, di solito una breve escursione o ferrata seguita da abbondanti libagioni in un rifugio.     Domenica scorsa e' stato organizzato uno di questi incontri (denominato "bradipottobrata" perche' i partecipanti si autodefiniscono ironicamente "bradipi di montagna") proprio sulle "mie" montagne, sul gruppo del Carega. Partecipare era doveroso. Salita della ferrata Biasin "all together" e poi gran pranzo al rif. Revolto.   Che centrano i peppers? Fedele alla missione di diffondere il piccante sempre, ho portato un campionario di frutti freschi e polveri e li ho disposti in bella vista sul tavolo. Devo dire che l'iniziativa ha suscitato interesse; ad un certo punto (pur essendo l'ultimo arrivato nel gruppo) mi sono trovato al centro dell'attenzione, tutti a far domande e ... assaggi Molti hanno chiesto indicazioni su come tenere i semi e sulla coltivazione. A fine pranzo tutti i frutti e i vasetti sono spariti ... Ottimo!   Qui ci sono commenti sull'incontro (peppers compresi) e anche link a foto interessanti   http://freeforumzone.leonardo.it/discussio...7945984&p=1

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Per arrampicare bene bisogna ... saper nuotare!

"Deep water soloing" e' una delle tante variazioni sul tema dell'arrampicata ... Se la parete e' oltre la verticale e sotto c'e' acqua, la corda non serve ... a patto (appunto) di saper nuotare   Qui il solito Chris Sharma alle prese con una struttura rocciosa molto particolare ... certo non c'e' rischio di urtare la roccia cadendo!   http://www.youtube.com/watch?v=XoxtqBL5q3k...feature=related   Gustatevi il filmato (in particolare il lancio al minuto 7:20), in attesa che trovi il tempo e l'ispirazione per scrivere qualcosa di mio

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Extreme

Riprendo dopo tanto tempo questo blog ... e mi ricollego proprio all'ultimo topic (il cui filmato non e' piu' visibile su youtube)   L'alpinismo e l'arrampicata sportiva si spingono sempre piu' avanti. Arrampicate sempre piu' difficili, salite solitarie (senza corda) sempre piu' impressionanti, salite alpine in tempi sempre piu' veloci.   Aldila' di ogni altra considerazione, queste prestazioni forniscono materiale video sempre piu' piacevole da guardare.   Per esemplificare pubblico (solo per qualche giorno, anche se non di dovrebbe ) qualche spezzone ...   Jumbo love Probabilmente la via di arrampicata sportiva attualmente piu' difficile e impressionante. Una grande realizzazione di Chris Sharma.   https://www.pepperfriends.com/video/montagne/jumbolove.wmv     Record di velocita' sulla nord dell'Eiger Qui occorre spendere qualche parola in piu'. La "lotta" per la conquista della terribile parete nord (quasi 2000 m di dislivello) e' iniziata negli anni 30 ed e' costellata da una sequenza infinita di tragedie, prima e dopo il primo successo nel 1938. Uno dei primi salitori, H.Harrer, divenne poi famoso per le sue esperienze in Tibet, a stretto contatto con un giovanissimo Dalai Lama; questa storia e' raccontata in modo magistrale nel film "7 anni in Tibet" (Harrer e' interpretato da Brad Pitt)   In quegli anni la salita richiedeva almeno 3 giorni, spesso molti di piu'. Bisogna attendere gli anni 70 e il talento di un giovane Messner per vedere le prime salite "in giornata" (10 ore).   Ora c'e' chi sale in meno di 3 ore ... detto così non fa molta impressione, ma in effetti e' molto difficile superare un simile dislivello in così poco tempo anche "camminando" su un sentiero! Le immagini parlano da sole ... Ueli Steck davvero super!   https://www.pepperfriends.com/video/montagne/nordeiger.wmv     Alone on the wall Sharma in arrampicata da l'idea di un felino ... Alex Honnold invece ricorda piu' un bradipo (ma un bradipo veloce!) Movimenti misurati, calma glaciale ... proprio quel che ci vuole per affrontare grandi pareti di difficile arrampicata senza alcuna forma di protezione (niente corda!) Anche qui le immagini non hanno bisogno di ulteriori commenti   https://www.pepperfriends.com/video/montagne/alone.wmv     Continua ... presto!

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Addio Edlinger!

Di lui ho gia' parlato in questo blog, qualche anno fa ... Ora purtroppo lo devo ricordare per un altro motivo ... non e' piu' con noi   Negli anni 70-80 e' stato un esempio per me e per tanti altri giovani che dedicavano tempo ed energie all'arrampicata su roccia. La sua eleganza e purezza e' forse ancora oggi ineguagliata. La sua salita "free", anche senza scarpe nel secondo filmato e' nel mito dell'arrampicata!   http://www.youtube.com/watch?v=NDcaPJXQAFE   http://www.youtube.com/watch?v=JvsgHWKJOUA   Addio Patrick!

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La dura dura

Da quanto tempo non aggiorno questo blog!?   Quest'anno ho intenzione di riprendere la mia attività in montagna Mi sto già allenando, anche se ogni anno è sempre più dura   A proposito di "dura", si chiama proprio così (in italiano), la via di arrampicata sportiva più difficile (per ora), frutto della collaborazione dei due più quotati top climbers del momento. In attesa di foto e racconti miei, gustatevi i tentativi, i tanti voli e la prima e secoda salita di questa via ...     Per gli impazienti, la prima salita inizia al minuto 9:56

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Adrenalina

La mia passione per i peppers e' recente, ma due altre grandi passioni mi accompagnano da tanti anni, gli scacchi e le montagne.   Un filo conduttore comune lega questi miei interessi: la ricerca di esperienze "forti", il livello di adrenalina sempre alle stelle ... L'assaggio di un ultra-hot dona sensazioni non molto diverse dal finale di una partita a scacchi (di torneo) quando magari il tempo sta per esaurirsi e tutto si gioca sul filo dei secondi e sulla velocita' di riflessione ... Vi risparmio comunque le mie esperienze scacchistiche perche' viste dall'esterno e da non esperti sono veramente noiosissime ...   La passione per le montagne invece puo' essere un buon argomento su cui raccontare e si presta a realizzare e pubblicare foto interessanti.   Ho iniziato ad andar per montagne giovanissimo; poi la naturale evoluzione e' stata l'arrampicata su roccia e ghiaccio che mi ha impegnato tra i 18 e i 25 anni ... purtroppo di quegli anni non ho praticamente alcuna foto (le macchine digitali non c'erano ancora e comunque non sono mai stato appassionato di fotografia).   Dopo una lunga pausa (matrimonio, figlia, attivita' in proprio ...) durante la quale mi sono limitato a lunghe passeggiate, ho ripreso con impegno. Non arrampico piu', ma mi diverto a inventare escursioni lunghe e impegnative o a percorrere le piu' belle vie ferrate delle Dolomiti e della zona del Garda. Spesso vado da solo, a volte con mia figlia e mio nipote. Nonostante l'eta' (ora posso dire che vado per i 50) cerco di tenermi in forma (tre corse a settimana, palestra).   Mi piace muovermi sulle montagne in liberta', sempre leggero e possibilmente veloce (ma le pause di contemplazione non mancano mai).   Adesso basta con le chiacchere. Ogni nuova pagina sara' dedicata ad una specifica ferrata o escursione; ogni tanto un "intervallo" con mie riflessioni generale sulle mie esperienze.  

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Ferrata Biasin

Questo blog non puo' che iniziare con la mia prima ferrata, sulle montagne di "casa".   Il gruppo del Carega (termine che in dialetto veneto significa "sedia") e' situato al termine della Val d'Illasi (all'imbocco della quale si trova il paese dove vivo).   Nonostante la bassa quota, il gruppo e' molto vasto, complesso e articolato; guglie, creste, canaloni ... pian piano cerchero' di descriverlo tutto ... lo percorro in lungo e in largo da almeno 35 anni e posso ben dire di conoscerlo come le mie tasche. La roccia e' molto simile alla dolomia, infatti il gruppo e' noto anche come "Piccole Dolomiti"; come le piu' illustri cime dolomitiche, le pareti cambiano tonalita' di colore a seconda dell'ora del giorno e della luce solare.   La ferrata "G.Biasin" e' molto famosa e anche temuta per la grande esposizione (cioe' per la verticalita' e il senso di "vuoto" che puo' provocare). Per me tuttavia e' ormai poco piu' di un sentiero; avevo 14 anni quando l'ho salita la prima volta, da solo e senza alcuna attrezzatura (incoscienza da adolescente) e da allora l'avro' salita almeno 50 volte e in tutti i modi possibili (anche con un braccio ingessato).   Poiche' e' molto vicina a dove si lascia l'auto (15 minuti a piedi), spesso la salita della ferrata e' la degna conclusione al termine di una escursione sui numerosi sentieri del gruppo.   Tecnicamente la ferrata e' breve (100 m di dislivello) e relativamente semplice perche' oltre al classico cavo d'acciaio sono presenti moltissimi pioli e staffe metalliche ... e' un po' come salire una scala.   Certo la verticalita' e' assoluta (anzi complessivamente la parete e' leggermente strapiombante) e alcuni passaggi sono piuttosto atletici (soprattutto all'inizio). Percorrerla e' sempre divertente e stimolante.   Purtroppo non ho foto recenti della parete, tutte quelle che ho sono stampate e non su supporto digitale; rimediero' appena possibile (cioe' alla prossima escursione). Le foto sono relative ad una salita effettuata con mia figlia Chiara.         Al termine della salita e' possibile continuare sul sentiero detto "delle creste" ... penso che dalle foto si intuisca il motivo.     Il sentiero conduce direttamente alla Cima Carega, il punto piu' alto del gruppo (2259 m) dove si trova anche il Rifugio Fraccaroli.  

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Che Guevara

Il monte Casale si trova nella valle del Sarca, a nord della punta del lago di Garda e in prossimita' del lago e castello di Toblino.   La parete e' immensa, un catino di bianco calcare alto 1 km e largo 1,5 km.   Non e' un monte molto famoso, ma suscita in me ricordi particolari ... Tra Natale e capodanno 1980 ho salito su questa parete (nel settore destro, piu' verticale e impegnativo) una lunghissima via aperta negli anni '30 e mai ripetuta; a causa della brevita' delle giornate invernali la salita ha richiesto due giorni, con una interminabile notte fermi in parete (dalle 17 alle 7 del mattino successivo). Una vera avventura! Peccato che proprio negli ultimi 50 m la stanchezza e la ormai scarsa concentrazione mi abbiano giocato un brutto scherzo; un attimo di disattenzione e ... yahoooooo! un bel volo di circa 25 metri (l'unico della mia carriera) . Nessuna conseguenza grave, ma contusioni ed escoriazioni un po' dappertutto e una caviglia fuori uso che ha reso molto problematico il rientro. (tra parentesi dopo una decina di giorni dovevo partire per il servizio militare; grazie a questa storia sono riuscito a trascorrerne una buona parte in convalescenza; non tutto il male vien per nuocere ).   Ora il settore sinistro della parete e' percorso da una via ferrata denominata "Che Guevara". Non e' difficile, ma lunghissima e con un rientro ancora piu' lungo e veramente impegnativo.   Ecco qualche foto relativa ad una salita con mio nipote e mia figlia.   La giornata non prometteva gran che ... peccato per le foto panoramiche (impresentabili), ma tutto sommato una fortuna per la salita; in un'altra circostanza l'ho salita in agosto in pieno sole ... un deserto verticale abbacinante ...       Una vista d'insieme (come dicevo, impresentabile , ma da l'idea delle dimensioni)       Gli eroi all'attacco della prima corda fissa (a sinistra mio nipote Enrico, realizzatore pratico di molte mie idee per la coltivazione dei peppers)       Momenti della salita           Ancora uno sguardo verso il settore piu' "alpinistico"       La discesa inizia con un sentiero nel bosco cosi' ripido che e' stato parzialmente attrezzato con una corda d'acciaio (primo e unico esempio di "ferrata" su alberi e fango che mi sia capitato di vedere). Con una leggera pioggerellina, nubi, nebbia e una luce irreale sembrava un girone dantesco ...   Tre lunghissime ore dal piccolo "dente" che di vede al centro della foto fino al termine della discesa.     Tutto sommato, una bella giornata!

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Mito

Tra i molti "top climbers" attivi nei primi anni '80 uno tra tutti merita in particolar modo di essere ricordato: Patrick Edlinger.   In quegli anni era per me un vero mito. Il suo stile fluido anche nei passaggi piu' difficili e' un modello ancora oggi.   I numerosi film di arrampicata di cui e' protagonista sono interessanti per la difficolta' delle vie, lo stile con cui sono superate e anche per le tecniche cinematografiche sicuramente innovative all'epoca.   Ecco alcuni esempi ... (la qualita' non e' eccellente, si tratta di film di oltre 25 anni fa)   Una spettacolare salita "solo" nello stile piu' perfetto ... niente corda ... via anche le scarpe! http://it.youtube.com/watch?v=dRSRsO9QbQc&...feature=related   Un film vero e proprio (in tre parti): Opera vertical http://it.youtube.com/watch?v=iQs3XMYDucs http://it.youtube.com/watch?v=QPbfqKFFuQs&...feature=related http://it.youtube.com/watch?v=T4tzXZXyBTM&...feature=related   Una parte di un altro film: La vie au boit des doigts (La vita sulla punta delle dita) http://it.youtube.com/watch?v=HzIo2IleE-c&...feature=related   Per finire, un po' di allenamento ... http://it.youtube.com/watch?v=rX1xBJgCpeo&...feature=related   Non sono particolarmente adatto per giudicare, ma a occhio e croce direi che anche le dolci fanciulle per nulla interessate all'arrampicata potrebbero trovare piacevoli questi filmati, soprattutto l'ultimo ...

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