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Progetto PEPIC filiera del peperoncino piccante

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Il 31 maggio si e' svolto a Pontecagnano Faiano, presso la sede locale del CREA, il convegno finale sul progetto "Pepic - Filiera del peperoncino piccante: Interventi di ricerca per la scelta varietale per l'innovazione dei processi culturali"

 

Ho partecipato al convegno e in questo topic ho cercato di riportare le cose che sono state dette.

Spero di aver scritto piu' o meno tutto. Non sparate sul pianista :).

 

Alla fine del post c'e' il booklet in cui sono riportati gli abstract dei singoli interventi dei partecipanti al progetto e altro materiale utile come le pubblicazioni scientifiche e le partecipazioni a congressi.

Ho chiesto le slides ma sono riuscito solo ad averne due (P. Tripodi e C. Costa). Sarebbe utile avere quella di T.Cardi che ha fatto una panoramica del progetto e delle problematiche.

 

 

In grassetto ci sono i miei commenti a quanto riportato.

 

Gli obiettivi principali del progetto Pepic sono stati lo studio della identificazione delle varieta' nazionali attraverso tecniche analitiche avanzate, della suscettibilita' a diverse patologie che potrebbero portare all'estinzione delle varieta' locali, degli alti costi di produzione e della bassa meccanizzazione della raccolta.

 

L'intervento di apertura del Dr. Teodoro Cardi (Principal Investigator) del progetto ha evidenziato che l'Italia nonostante sia il quarto produttore in Europa di peperoncino non riesce a soddisfare il bisogno del prodotto e deve importarlo. Il peperoncino secco viene importato da Spagna, India, Cina e altri paesi, mentre il fresco da Spagna, Francia, Paesi Bassi.

 

Non si e' capito se l'importazione e' dovuta al fatto che si importano varieta' che in Italia non si coltivano o meno (a livello di produzione di massa, Maverick, Hellas, Oban e Lonewolf e qualcun altro esclusi :D ) . Scherzi a parte, sarebbe interessante approfondire questo punto.

 

Come punto di forza dell'interesse del peperoncino Cardi ha mostrato una slides con la recentissima notizia della produzione del Dragon's Breath (ho pubblicato un post a riguardo).

 

C'era un esponente del Mipaaf e mi e' parso comprensibile farsi pubblicita'

 

 

Il progetto e' durato 3 anni e' basato principalmente su varieta' italiane come il Calabrese ciliegino e il diavolicchio, e la sigaretta calabrese e di Battipaglia, il naso di cane e alcune varieta' asiatiche usate come confronto. I risultati principali sono stati l'identificazione di marcatori genetici per l'identificazione delle specie/varieta' e la generazione di 10 nuovi ibridi che dovrebbero avere proprieta' genetiche tali da renderli piu' robusti e produttivi e adatti alla raccolta meccanizzata.

 

Nelle presentazioni c'e' stata poca attenzione al nome delle varieta', spero che i dati pubblicati siano piu' precisi. Nomi come diavolicchio, sigaretta, corno, cornetto sono stati usati indifferentemente.

Questa cosa, in particolare, non mi e' piaciuta tanto, da Pepperfriend e da fisico. E' un modo di trattare e presentare i dati che e' molto distante dalla mia educazione scientifica. Pero' avrei curato di piu' la correttezza dei nomi, visto che molti risultati erano mirati proprio al confronto o identificazione di varieta'.

 

 

 

Veniamo alle singole presentazioni, le indico solo con il nome del presentatore, sul booklet trovate i titoli

 

 

 

P.Tripodi

 

Il risultato piu' interessante e' stato che usando il sequenziamento genetico e' stato possibile identificare il peperoncino italiano rispetto a quello proveniente da altri paesi.

 

Non ho capito bene se hanno usato peperoncini di varieta' straniere ma coltivati in Italia o acquistati

direttamente. Non e' stato molto esplicito su questo risultato. Non capisco bene come funziona questa identificazione. La figura 3 di pag. 8, non la so leggere, ma le identificazioni sono parecchio generiche.

 

 

G.L. Rotino

 

Ha parlato delle differenze sulla produzione di diverse varieta'

 

 

N. Ficcadenti

 

Hanno seleziona alcune varieta' adatte alla raccolta meccanizzata, che fossero adatti per la costituzione di ibridi "migliorativi" e al sistema di coltivazione biologico.

 

Anche qui si e' parlato di analisi molecolare per l'identificazione delle varieta', ma senza scendere nei dettagli e poco convincente a mio vedere.

 

 

 

R. Lo Scalzo

 

Ha presentato una marea di dati sulla caratterizzazione dei genotipi di peperoncino per fare un confronto tra quelli coltivati in tre campi del CREA. Ha dato grande enfasi alla quantita' di acido ascorbico. I campioni sono stati essiccati e liofilizzati, pero' per l'essicazione ha riferito di aver usato temperature minori rispetto a quelle industriali che sono superiori a 50 gradi.

Un risultato interessante e' che, nell'essicazione/liofilizzazione, l'acido ascorbico si deteriora maggiormente mentre altri composti resistono meglio al processo, in particolare i capsacinoidi responsabili della piccantezza.

 

Risultati molto interessanti, ma presentazione molto tecnica non ci ho capito molto

 

 

M. Fornaciari da Passano

 

E' stato presentato un campo catalogo in provincia di Rieti, il campo ha 1096 varieta' di diverse specie. Mantengono la purezza con isolamento in TNT. C'e' anche una linea per la creazione di ibridi. Nell'ambito del progetto PEPIC e' stato creato un ibrido di C. Annuum tra una varieta' italiana e una brasiliana. L'ibrido dovrebbe diventare una varieta' locale rappresentitaviva.

 

Mi ero molto entusiasmato per il lavoro del campo catalogo, hanno detto che hanno preso dati su ogni singola varieta': forma, altezza biforcazione, forma frutti etc etc. Ho pensato che poteva essere una interessante base di confronto con il nostro database e con le nostre osservazioni. Si sono anche mostrati disponibili, su mia richiesta, allo scambio dei dati.

Pero' poi parlando con Tripodi e' venuto fuori che in realta' le varieta' non sono conformi, o meglio sono varieta' non certe e a volte sono state indicate con nomi inventati e di moda. Per cui poco utili. Forse potrebbe valere la pena fare una visita.

L'idea di creare un ibrido per poi identificarlo con una varieta' tipica del luogo mi sembra molto strampalata, ma non sono certamente la persona adatta ed esprimere un tale giudizio

(con voi posso permettermi la liberta', penso).

 

 

M. Dell'Abate

 

Ha mostrato dei dati sulla caratterizzazione delle varieta' tramire risonanza magnetica nucleare e Imaging della risonanza magnetica. I dati sono stati analizzati con tecniche statistiche avanzate.

Lo scopo dell'analisi era quella di capire differenze nei frutti coltivate in tre campi diversi in zone distinte dell'Italia. Sono state fatte anche analisi dei diversi terreni.

 

Non si e' ben capito quali parametri sono stati presi in considerazione, purtroppo a causa del ritardo si e' iniziato a correre e anche la relatrice non era tra le piu' chiare. Come commento personale, penso che se volevano vedere l'effetto del clima e della geografia avrebbero dovuto coltivare in vaso con la stessa miscela di terriccio. Troppe variabili in un solo momento, ragionamento molto da fisico e' vero, ma non avevano strumenti per capire, nonostante le analisi dei terreni, quali fossero le influenze di questo o quel parametro sulle qualita' del frutto.

 

 

 

C. Costa

 

 

Presentazione molto interessante. Attraverso immagini ad alta risoluzione e la loro analisi con software sofisticati hanno studiato la forma e il colore di 5 varieta' di peperoncino, tre locali e due asiatiche coltivati in diversi siti (Diamante, Battipaglia, Monsampaolo e Montanaso Lombardo). Sono stati presi in considerazione i frutti con e senza picciolo. I risultati mostrano che questa analisi e' promettente per l'identificazione delle varieta'.

Ancora piu' interessante e' l'analisi dei composti volatili tramite una tecnica avanzata di spettrometria di massa a tempo di volo. Prima di analizzare i campioni del progetto Pepic, il gruppo ha studiato i composti volatili di 33 varieta' di 3 specie diverse e sono riusciti a identificare 700 composti che caratterizzavano le specie con una discriminazione del 100%.

E' stato sviluppato anche un test in grado di determinare il contenuto di capsaicina attraverso l'analisi dei composti volatili. I risultati sono molto promettenti ed interessanti.

 

Una delle presentazioni migliori

 

 

P. Servadio

 

Studi sulla raccolta meccanizzata dei peperoncini.

 

Hanno provato un gran numero di metodi, tuttavia non mi e' sembrato che ci siano stati risultati di rilievo.

 

 

 

S. Vitale (M. Barba)

 

Studio degli aspetti fitosanitari del peperoncino e di come usare la capsaicina come sostanza antifungina e antivirale.

 

Qui penso che nulla sia cambiato rispetto a quanto ha gia' raccontato Umberto.

 

 

 

Tavola Rotonda conclusiva

 

 

Ho seguito una parte della tavola rotonda successiva alle presentazioni, non tutta perche' si era accumulato un notevole ritardo, mi spiace.

 

C'era una rappresentante della azienda Semeorto che ha manifestato, ovviamente a mio avviso, interesse per la realizzazione di ibridi piu' resistenti e buoni da un punto di vista commerciale. Ha anche sollevato un punto importante e cioe' la certificazione delle varieta' italiane.

 

L'esponente del Mipaaf si e' complimentato per il lavoro e ha sottolineato l'importanza della certificazione e ha chiesto se tutte le analisi mostrate potessero essere estese al prodotto secco. Penso perche' pensava alla polvere come ad un prodotto piu' facilmente distribuibile in commercio, cosa peraltro vera. Commento molto politico, ovviamente.

 

Si e' discusso molto con Enzo Monaco, presidente della Accademia del peperoncino, in merito al problema della valorizzazione del peperoncino italiano rispetto ai prodotti importati. Molta attenzione e' stata rivolta al problema dei costi di produzione troppo alti.

Un produttore calabrese, vicino a E. Monaco di cui non ricordo il nome, si lamentava per il fatto che non poteva competere con il prodotto importato soprattutto per la questione della raccolta.

 

Molto singolare l'ultimo intervento che ho seguito. E' stato presentato il progetto PeperonGino.

(www.peperongino.it). Nata da un'idea di Luigi Nicolais e portata avanti dalla figlia (ma va'?!?) il progetto e' consistito nel selezionare tre varieta' a seconda del profumo e sapore per preparare una polvere top level. Nel sito c'e' qualche dettaglio in piu'. Il tutto condito da una operazione di marketing e di design anche per la bustina in cui viene venduta la miscela. Si e' parlato di un costo finale attorno ai 15 euro per 8 g di polvere. La persona che ha presentato alla fine ha concluso giustificando il prezzo elevato con il fatto che solo la borsetta in cui e' inserita la bustina di polvere ha un costo di circa 10 euro.

 

Durante tutto il convegno il Prof. Saccardo e' intervenuto ripetutamente per sottolineare la possibilita' di usare specie wild come supporto per le varieta' vista la loro resistenza alle patologie e alla robustezza

della pianta rispetto agli svariati terreni.

 

 

 

Pepic_ConvFinale.pdf

 

 

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Lonewolf

Grazie!

Molto interessante.

 

Alcune note al volo.

 

Nelle presentazioni c'e' stata poca attenzione al nome delle varieta', spero che i dati pubblicati siano piu' precisi. Nomi come diavolicchio, sigaretta, corno, cornetto sono stati usati indifferentemente.

Questa cosa, in particolare, non mi e' piaciuta tanto, da Pepperfriend e da fisico. E' un modo di trattare e presentare i dati che e' molto distante dalla mia educazione scientifica. Pero' avrei curato di piu' la correttezza dei nomi, visto che molti risultati erano mirati proprio al confronto o identificazione di varieta'.

 

Punto dolente. In generale la conoscenza morfologica delle diverse varieta' e' piuttosto scarsa.

 

E' stato presentato un campo catalogo in provincia di Rieti, il campo ha 1096 varieta' di diverse specie. Mantengono la purezza con isolamento in TNT. C'e' anche una linea per la creazione di ibridi. Nell'ambito del progetto PEPIC e' stato creato un ibrido di C. Annuum tra una varieta' italiana e una brasiliana. L'ibrido dovrebbe diventare una varieta' locale rappresentitaviva.

 

Ho visto il campo catalogo qualche anno fa e in qualche misura parte dei semi arrivano, con giri strani, anche da noi.

La mia impressione e' che nel corso degli anni siano stati raccolti semi da frutti non isolati e che il numero di varieta' sia cresciuto in questo modo ...

Di certo non sono stati effettuati isolamenti nei primi anni (2011-2012)

Anche nella foto visibile nel PDF incluso nel precedente post si notano tanti bei cartellini e una disposizione ordinata, ma di sacchetti nemmeno uno (magari li avevano gia' tolti ...)

 

L'idea di creare un ibrido per poi identificarlo con una varieta' tipica del luogo mi sembra molto strampalata

 

:yes: Concordo

 

C. Costa

Una delle presentazioni migliori

 

L'ho gia' sentito a Tarquinia, non avevo dubbi

 

Studi sulla raccolta meccanizzata dei peperoncini.

Hanno provato un gran numero di metodi, tuttavia non mi e' sembrato che ci siano stati risultati di rilievo.

 

Il punto critico e' che il gene che controlla la facilita' di distacco dal picciolo controlla anche la "succosità" del frutto.

I frutti che per la facilita' di distacco sarebbero adatti alla raccolta meccanica sono anche tutti "soft" :pardon:, con il tipico risultato che si raccolgono facilmente, ma ... sono gia' pronti per fare la marmellata.

 

Molto singolare l'ultimo intervento che ho seguito. E' stato presentato il progetto PeperonGino.

(www.peperongino.it). Nata da un'idea di Luigi Nicolais e portata avanti dalla figlia (ma va'?!?) il progetto e' consistito nel selezionare tre varieta' a seconda del profumo e sapore per preparare una polvere top level. Nel sito c'e' qualche dettaglio in piu'. Il tutto condito da una operazione di marketing e di design anche per la bustina in cui viene venduta la miscela. Si e' parlato di un costo finale attorno ai 15 euro per 8 g di polvere. La persona che ha presentato alla fine ha concluso giustificando il prezzo elevato con il fatto che solo la borsetta in cui e' inserita la bustina di polvere ha un costo di circa 10 euro.

 

Curioso!

Comunque, tolta la bustina, venderei volentieri anche a meta' del prezzo residuo (30 centesimi a grammo) i 5-6 kg di polvere piccante che ho attualmente in dispensa ;)

 

Durante tutto il convegno il Prof. Saccardo e' intervenuto ripetutamente per sottolineare la possibilita' di usare specie wild come supporto per le varieta' vista la loro resistenza alle patologie e alla robustezza

della pianta rispetto agli svariati terreni.

 

Di questo si discute da decenni, ma di fatto nessun studioso "serio" (con competenze e risorse) sta provando ad incrociare specie selvatiche e coltivate.

La resistenza alle patologie tipiche delle specie coltivate e' peraltro tutta da dimostrare.

Il nostro piccolo contributo l'abbiamo dato donando semi e piante di specie selvatiche a destra e a manca (tra gli altri, all'ARPAL (Tarquinia), al CREA (Montanaso Lombardo, in occasione di Eucarpia 2013), Orto Botanico di Padova ...)

 

Per ultimo, evidenzio che Pepperfriends o associati (Umnberto Cassia) compaiono qua e la' in bibliografia ... e' un buon inizio.

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Vincer

Interessante....poi mi leggo il tuo post con calma...

 

Ciao

Vincenzo

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Epsilon

P.Tripodi

 

Il risultato piu' interessante e' stato che usando il sequenziamento genetico e' stato possibile identificare il peperoncino italiano rispetto a quello proveniente da altri paesi.

 

E che ci voleva?!? L'italiano è quello la cui piccantezza arriva sempre in ritardo e solo sul palato perché con le lingue è negato

:lol2::lol2::lol2:

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Vincer

Ciao Peppe,

diciamo che anche a me ha lasciato dolce e amaro.

 

Trascurando gli evidenti discorsi tecnici (che non riesco a comprendere fino in fondo) anche a me sono parse evidenti alcune commistioni di generalità e scienza che in realtà stridono.

In altri passaggi, che peraltro ho visto in altre occasioni, mi sembra ci sia un po' di superficialità.

Anche a me è capitato di sentire (e vedere) di campi catalogo su cui si sono basati studi che però hanno dato risultati frutti non conformi (evidentemente i semi non erano puri)...però dire che si effettuano isolamenti in non-tessuto su piante non pure.....bah....

 

Il discorso dell'import di peperoncino effettivamente sarebbe da approfondire. C'è una fetta di mercato da colmare (a livello industriale) ? Ci sarebbe la possibilità per i nostri agricoltori di colmarla ? Oppure effettivamente ci sarebbe ma economicamente non è redditizia ?

 

Altri interventi (seppur letti velocemente e non ascoltati) mi sono sembrati più competenti.

 

Poi c'è il discorso Dragon's Breath che inserito in un convegno "scientifico" non capirò mai...nessun appassionato (e a maggior ragione uno scienziato) del peperoncino dovrebbe citare le varietà che odorano di "commercio/business"...io personalmente non lo farei...o forse sì ma per stigmatizzare...ma sono solo opinioni personali....poi magari sono studi super scientifici che portano a peperoncini non mangiabili.

 

Anch'io sottolineo e mi complimento con Umberto per la citazione nella bibliografia.

 

Ciao

Vincenzo

 

 

 

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Lonewolf

Anche a me è capitato di sentire (e vedere) di campi catalogo su cui si sono basati studi che però hanno dato risultati frutti non conformi (evidentemente i semi non erano puri)...però dire che si effettuano isolamenti in non-tessuto su piante non pure.....bah....

 

Quando ho visitato il campo presso l'Istituto Jucci (luglio 2012), c'erano errori madornali come 5 piante in fila di una varieta' tutte una diversa dall'altra e in certi casi classificabili come altre varieta' o addirittura come altre specie (C.baccatum nello spazio di un C.annuum ecc).

L'impressione generale era di una messa a dimora in campo effettuata un po' sbrigativamente e senza tanto verificare le etichette delle singole piante ...

L'aspetto piu' grave e che della presenza di C.baccatum in mezzo a C.annuum (per esempio) non s'era accorto nessuno :hyper: (con piante in fiore!)

 

Insieme a noi c'era anche uno che di peperoncino se ne intendeva ( :rolleyes:) e ricordo bene i suoi commenti poco lusinghieri dopo la visita.

Certo, da allora ci sara' stato un enorme miglioramento ... spero

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